La lotta delle oltre 500 realtà meridionali prosegue. In una nota esprimono grande preoccupazione per le modalità con le quali si sta attuando il Piano nazionale di ripresa e resilienza
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Si fa presto a dire Recovery fund, ma per arrivare a spendere i soldi destinati al Sud occorre avere progetti esecutivi che siano finanziabili. In caso contrario le risorse potrebbero essere destinate altrove. La mancanza di tecnici e di risorse da destinare alla progettazione assilla molti Comuni meridionali, che temono di mancare l’appuntamento cruciale con il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Da qui l’allarme lanciato dalla Rete dei Comuni Recovery Sud, che conta circa 500 amministrazioni meridionali.
La nota stampa
«La rete di Comuni Recovery Sud esprime grande preoccupazione per le modalità con le quali si sta attuando il Piano nazionale di ripresa e resilienza. È molto concreto il rischio che questa misura straordinaria sia destinata a non sortire gli effetti sperati, continuando ad allargare la forbice tra Mezzogiorno (e altre aree depresse del Centro-nord) e il resto d'Italia.
A impensierire noi sindaci meridionali non è soltanto l'insufficienza delle risorse messe a disposizione, il 40% anziché il 70% come sarebbe stato corretto in base ai parametri stabiliti dall'Unione Europea. La verità è che anche quel 40% potrebbe essere meramente illusorio, in quanto il Governo continua a non ascoltare le nostre richieste di mettere a disposizione in tempi rapidi le risorse necessarie a predisporre i progetti esecutivi per spendere entro il 2026 i finanziamenti dell'Unione Europea.
La procedura per la selezione dei 2800 dipendenti da assumere nei Comuni del Sud si sta rivelando confusa e contraddittoria, poco trasparente - al punto che i Comuni della Rete stanno per presentare un ricorso al Tar - e insufficiente rispetto all'esigenza di avere in tempo utile i progetti richiesti.
Se non si corre ai ripari, stanziando congrue risorse per le progettazioni e coinvolgendo le università, gli ordini professionali, le agenzie di sviluppo come i Gal e i patti territoriali nella predisposizione degli elaborati progettuali, i fondi del Pnrr andranno ai comuni del centronord che, grazie alle politiche federaliste degli ultimi anni, hanno potuto resistere ai tagli delle loro piante organiche e hanno potuto creare parchi-progetto.
Questo non è stato possibile al Sud dove, al contrario, molti Comuni hanno dovuto far fronte in questi anni a emergenze sociali, al recupero di deficit infrastrutturali e spesso a situazioni di dissesto o predissesto che non consentono alcun tipo di pianificazione.
Per questo, per evitare il Recovery flop, la lotta degli oltre 500 Comuni del Sud prosegue su più fronti:
- protesta contro l'iniqua distribuzione dei fondi del Pnrr, a partire dalla raccolta firme per la petizione al parlamento europeo che sarà discussa il 15 luglio alle 10.15 via web.
Nonostante la sfiducia generata dall'approvazione della Von Der Leyen del Pnrr, riteniamo importante mantenere viva la nostra vigilanza sui criteri di assegnazione dei fondi che a nostro parere penalizzano il Sud, e non si escludono ulteriori azioni legali;
- tra queste azioni legali, la prima riguarda il ricorso che il Comune di Castelbuono sta promuovendo contro il ministero per la mancata trasparenza nelle procedure di selezione e di assegnazione dei 2800 europrogettisti, dalle quali, tra l'altro, sarebbero di fatto esclusi i Comuni sotto i 5000 abitanti;
- parallelamente si intende promuovere azioni volte a ottenere nel più breve tempo possibile fondi per le progettazioni di opere connesse al Pnrr in maniera tale da non farci trovare impreparati nel momento dell'assegnazione dei fondi, vedendo le risorse, come abbiamo già detto, "migrare" verso altri Comuni del Centronord meno colpiti dalla spending review e così più in grado di predisporre progettazioni esecutive;
- anche di questo si parlerà nell'incontro del 2 luglio con il sottosegretario Bruno Tabacci a cui parteciperà una ristretta delegazione della rete;
- la nostra Rete ha conseguito già qualche risultato importante (il fatto stesso che si sia parlato dei temi del Sud in sede parlamentare, che si è passati da una previsione del 34% di risorse al Sud al 40%, ecc) ma nel complesso è stata anche molto isolata e indebolita, non riuscendo a conseguire l'obiettivo prioritario di portare almeno il 60% delle risorse al Sud rivendicato dal responsabile Anci del Mezzogiorno Giuseppe Falcomatà. Su questo aspetto chiediamo all'Anci nazionale di esprimersi con nettezza e senza tentennamenti. L'associazione dei Comuni italiani non può ignorare le giuste richieste della parte più debole del Paese e per questo abbiamo chiesto un incontro urgente al presidente Antonio Decaro.
- Poiché la rete è già un soggetto giuridico con diverse centinaia di aderenti, si ripromette di intraprendere azioni dirette per la progettazione e l'utilizzo dei fondi del Pnrr o di altre fonti di finanziamento. A tal proposito è già in corso di elaborazione il progetto di un accordo di programma per la Rete della transumanza e si sta valutando un ulteriore progetto per la Rete della Magna Grecia.
È il momento della responsabilità per la classe dirigente del sud: o facciamo sentire la nostra voce adesso, oppure a pagarne le conseguenze saranno le future generazioni, costrette a fuggire dalle nostre città come quelle che le hanno precedute».