«La modifica che si intende apportare all’art. 5 della Legge Regionale Calabria n. 15/2006 (il tema è quello della fusione tra Comuni), non è allo stato sostenibile e, pertanto in caso di mancato rinvio, sarò costretto a votare contro la sua approvazione. Premesso che condivido il principio di valorizzare ed incentivare la fusione tra più Comuni, per le importanti ricadute sotto il profilo amministrativo-economico-finanziario, ma nel caso di specie v’è un doppio problema, di metodo e di merito.
Quanto al metodo ritengo che una proposta di Legge (modificativa) di tale rilevanza debba essere discussa in aula e portata con una struttura più organica e certamente aggiornata rispetto al contenuto della Del Rio (L. 56/2014)». Così Antonello Talerico, Consigliere regionale di Area Centro

«Quanto al merito - continua Talerico -, ritengo che la modifica dell’art. 5 della L. R. n. 15/2006 per come formulata sia palesemente in contrasto con la medesima Legge regionale, che all’art. 2 stabilisce espressamente che l’iter per procedere ad una fusione debba avere l’impulso, ovvero deve essere d’iniziativa dei singoli Comuni interessati e coinvolti nel processo modificativo delle circoscrizioni territoriali (i.e. fusione)».

«Difatti, con il nuovo testo (modificativo di quello attualmente in vigore) viene meno proprio il riferimento alle delibere consiliari/comunali che oltre a contenere il quesito referendario ed i vari criteri valutabili poi dalla Regione nello step successivo, sostanzialmente cancella il potere/facoltà di impulso dei Comuni, che di fatto dovrebbero subire le scelte della Regione, la quale a prescindere dall’esito del referendum e dalla decisione dei singoli Comuni coinvolti dalla fusione, potrebbe procedere alla loro fusione». 

«Ciò è stato ribadito nella stessa relazione illustrativa della proposta di Legge, dove si sottolinea (ultroneamente) che il referendum consultivo non sia vincolante. Ciò si traduce sostanzialmente nel riconoscimento in capo alla Regione del potere di procedere alla fusione a prescindere dall’esito della volontà popolare ed anche eventualmente in contrasto/contrapposizione alle scelte delle amministrazioni locali».

«Una tale impostazione non può essere condivisa - si legge -, poiché mortificherebbe le prerogative delle autonomie locali (in particolare quelle dei piccoli comuni, che rischierebbero di subire la fusione del proprio Comune a prescindere dalla loro volontà, specie se a votare favorevolmente dovessero essere un Comune medio-grande)».

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«Sennonchè, a prescindere dall’inopportunità politica-amministrativa della detta scelta e del contrasto intrinseco normativo tra l’art. 2 e 5 (nuovo testo) della medesima Legge regionale n. 15/2006, la proposta si pone in palese contrasto con ulteriori norme, quella costituzionale (v. in combinato disposto gli artt. 117, 132 e 133 Carta costituzionale) e con quelle ordinarie (T.U. Enti Locali D. L.vo 267/2001, Legge c.d. Del Rio e L. Regionale n. 1/2007). Difatti, in tema di fusione tra i comuni è pacifico che l’iniziativa ai fini della fusione competa ai singoli Comuni (come previsto dalle altre leggi regionali in sede materia), mentre il potere di legiferare sulla fusione è di competenza della Regione, fatta eccezione della ipotesi della fusione per incorporazione di competenza, questa, dello Stato».

«Ed ancora, la norma statale di riferimento, oggi, in tema di fusione tra Comuni è l’art. 15 del T.U. degli Enti locali (D. L.vo n. 267/2001) per come modificato dalla L. 56/2014 (c.d. Legge Del Rio) e recepito financo dalla Legge regionale calabrese n. 15/2006, oggetto di proposta di modifica con il nuovo testo dell’art. 5. 
Va, altresì, rilevato che una proposta modificativa di una Legge regionale di tale portata avrebbe richiesto obbligatoriamente ai sensi dell’art. 14 della L.R. 1/2007 anche il parere preventivo obbligatorio del Consiglio delle Autonomie locali, parere che allo stato non risulta neanche essere stato richiesto non essendosi formato l’organo che dovrebbe rilasciarlo».

«Fermo restando l’imprescindibile dato normativo, resta da valutare anche l’impatto politico di una tale riforma che, se approvata, potrebbe determinare grave nocumento e squilibrio nei diversi territori, per una volontà esercitata dall’alto e non dal basso, riducendo notevolmente il principio di autodeterminazione dei Comuni e la volontà dei cittadini».

«Per queste ragioni - afferma nella nota il Consigliere di Area Centro -, chiederò alla maggioranza di cui faccio parte un rinvio per ragioni di opportunità politica e amministrativa, al fine di aprire un tavolo di confronto anche con l’Anci e per fissare un Consiglio regionale appositamente per l’avvio di una approfondita discussione in aula, onde strutturare una riforma organica della procedura di fusione dei Comuni che tenga conto correttamente anche di tutte quei parametri economico-patrimoniali-finanziari dei Comuni per cui si chiede la fusione, anche perché condizionanti lo stesso avvio delle attività del nuovo Comune, la verifica crediti-debiti, il fabbisogno per i servizi sul più vasto territorio, la distribuzione delle nuove risorse statali previste dallo Stato in caso di fusione e tutte le ulteriori previsioni programmatiche e la pianificazione dei diversi interventi successivi al propedeutico atto di fusione». 

«Qualora non si ritenesse di rinviare ad altra seduta consiliare la discussione e l’approvazione di una proposta di Legge organica e completa, a quel punto sarei costretto a votare contro la proposta di Legge di modifica della L.R. n. 15/2006, poiché la stessa verrebbe adottata in violazione di Legge, a rischio di impugnazione ed assolutamente violativa delle prerogative dei singoli Comuni».