«Notizie per niente rassicuranti giungono dal fronte governativo sul famoso (o meglio famigerato) decreto Calabria. Ci troviamo di nuovo a combattere contro lo spettro, invisibile ma anche incapace di produrre, di un prolungamento del commissariamento della sanità regionale con tutte le conseguenze del caso ed in un momento difficile e drammatico per l’arrivo della seconda ondata del Covid19». È quanto riferisce in una nota stampa, Tilde Minasi, consigliere regionale Lega Calabria.

 

«Ricordiamo ancora le parole dell’allora ministro Giulia Grillo la quale, un anno e mezzo addietro, annunciando il via libera del Senato esultò dichiarando “riportiamo il diritto alla salute in Calabria”: i nostri corregionali, e coloro che ogni giorno si impegnano nel comparto, però, non si sono accorti di cotanto sbandierato cambiamento, e risulta persino difficile rintracciare qualche asset vantaggioso all’interno di un provvedimento che, palesemente, soltanto nelle intenzioni del governo giallorosso, avrebbe portato ad un progresso sanitario. Il debito è sempre lì, anzi addirittura peggiorato, l’assistenza latita ad ogni livello, la migrazione sanitaria è ormai un triste ‘must’. Ma – aggiunge - invece di trovare soluzioni, invece di colmare quelli che sono gap atavici, si pensa ad allungare e rafforzare la fase commissariale, e, dalla capitale, si diffida a mezzo stampa il presidente Spirlì sulle nomine e non si supporta la regione Calabria nell’affrontare un’emergenza che, era risaputo, una volta arrivata in maniera significativa al Meridione, sarebbe stato ancor più complicato gestire proprio per le condizioni generate dai vari commissariamenti succedutesi».

 

E ancora: «Normalmente, anche nella vita quotidiana, se qualcosa non produce gli effetti sperati si cerca una soluzione alternativa, non si insiste nel mantenere lo status quo, altrimenti non si tratta più di un tentativo, ma di vera e propria determinazione nel proseguire sulla strada intrapresa seppur cieca e senza sbocco. E se questo atteggiamento non può essere accettabile in via generale, lo è ancor meno quando riguarda un diritto sancito dai dettami costituzionali, quale, appunto, la salute.  Si tratta – conclude - di un atto di imperio, attuato esautorando le prerogative regionali sulla pelle dei calabresi, i quali, oltre alla preoccupazione di un aumento dei contagi da Covid, con tutte le difficoltà che ne conseguono, devono anche trovare il modo, ed i mezzi economici, di curare patologie, perfino quelle non molto gravi, fuori dai confini regionali. Ovviamente ci auguriamo che tutto ciò venga risparmiato al già debole settore sanitario, sperando in un ripensamento del decreto in sé o quantomeno degli stringenti parametri sui quali dovrebbe, secondo indiscrezioni, essere redatto. Così non fosse non staremo in silenzio a subire l’ennesimo sopruso».