L'attivista cosentino ha dedicato tutta la vita ai poveri lottando contro le ingiustizie del mondo. Nella sua città ha avviato la prima mensa dei poveri e il più grande parco inclusivo d’Italia, mentre nel Continente nero ha realizzato asili nido, pozzi e altre strutture
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Di Sergio Crocco si parla da sempre a Cosenza e in buona parte della Calabria. Cuore nero, sangue rosso, tanta rabbia contro le ingiustizie del mondo. Che combatte non con le chiacchiere, ma con i fatti. Crocco l’ho poi scoperto come eccezionale autore di opere teatrali in dialetto cosentino. Ne avevo sentito sempre parlare, ma a un certo punto ho toccato con mano la sua grandezza. Definirlo un artista è poco: lui è semplicemente geniale in tutto quello che fa. Riveste tutto di un’irresistibile ironia, mentre la sua cosentinità è la caratteristica inconfondibile di un uomo che denuncia ogni forma di sopruso e prepotenza.
Ma Sergio Crocco è ancora molto, molto di più: non solo scrittore, non solo autore teatrale, non solo un appassionato della nostra terra, Crocco è prima di tutto il fondatore de La Terra di Piero, un’associazione che nasce in memoria del povero Piero Romeo, ultras del Cosenza Calcio, morto prematuramente nel 2011. L’associazione nasce poco tempo dopo la morte di Piero, «un uomo solidale, una persona che ha dedicato la sua vita all’aiuto del prossimo dedicandosi a questo dalla mattina alla sera».
Molto attivo nell’Oasi francescana, si ricordano ancora i suoi viaggi nella Repubblica Centrafricana, l’avvio nella città di Cosenza della prima mensa dei poveri. Piero e Sergio erano legatissimi.
Sergio ha un cuore nero, e con La Terra di Piero ha posto un obiettivo essenziale: quello di dare una concreta speranza a chi speranza non ne ha più. E quindi si passa subito alla realizzazione di opere di primaria necessità in Africa, dove è fondamentale realizzare asili nido, pozzi e altre strutture dove regnano la disperazione e la miseria, quell’Africa che oltre trent’anni fa Sergio Crocco ha voluto visitare con il suo fraterno amico Piero, con Paride Leporace e Padre Fedele.
Tornarono sconvolti dalle condizioni di vita, persone private di tutto. Per Sergio l’Africa divenne di fatto un’ossessione. Il nero del suo cuore, il rosso del suo sangue. Così La Terra di Piero, che Sergio ama definire «un pettirosso da combattimento», si è mossa per realizzare in Africa pozzi, scuole, case famiglie e opere di primaria e vitale importanza.
Le risorse sono arrivate essenzialmente dagli incassi degli spettacoli di Sergio, che in poco tempo richiamano migliaia di persone e riempiono piazze e teatri. Un successo clamoroso, inatteso. Basti pensare all’incredibile successo di Conzativicci, che ha debuttato il 21 dicembre 2013, con la previsione di una sola replica, ma poi le repliche sono diventate quarantadue, arrivando a Roma, Perugia, Bologna e Milano, e perfino in Canada. Impensabile all’inizio.
La particolarità delle opere teatrali di Crocco è essenzialmente legata al fatto sono scritte in uno spettacolare e incisivo dialetto cosentino. E ovviamente interpretate nello stesso dialetto, il che richiede una profonda conoscenza dello stesso. Gli attori sono tutti e sempre non professionisti. Diversi sono disabili, scelti perché portati a recitare.
Ma La Terra di Piero non ha dimenticato le condizioni sociali di tanta gente di Cosenza, occupandosi quindi di volontariato in città. Tanto che di recente ha consegnato alla città il parco Piero Romeo, il più grande parco giochi inclusivo del sud Italia. E dopo qualche tempo, in Tanzania ha realizzato il primo parco giochi per bambini disabili, sull’esempio del parco di Cosenza.
Ma se chiedi a Crocco, l’uomo dal cuore nero, cosa lo spinge a fare tutto questo, continuando con le sue missioni in Africa, la sua risposta è netta e disarmante: «La sensazione di restituire un po’ di quello che rubiamo tutti i giorni a quelle persone. Ad esempio, in alcune zone ci sono distese infinite di cotone. In Madagascar le miniere di cobalto, con la vaniglia o il petrolio. Quella gente potrebbe vivere anche solo di questo, invece è costretta a piegarsi alle regole delle multinazionali francesi, ad essere sorvegliati costantemente dai militari».
Sergio ricorda sempre di essere un umilissimo giardiniere, orgoglioso delle sue origini: «Da bambino vivevo nel quartiere più difficile della città e la strada mi ha insegnato cos’è l’umanità». Lui è molto orgoglioso anche degli anni passati nella curva sud di Cosenza, che si caratterizzava per essere antifascista e antirazzista.
La Terra di Piero non si ferma mai e da oltre 10 anni Sergio, con gli altri compagni di viaggio, continua ad andare in Africa portando container pieni di cibo, acqua, vestiti, beni di prima necessità. L’associazione ha fatto sentire la sua presenza durante il primo duro lockdown a Cosenza, distribuendo circa 700 pasti al giorno e garantendo 1300 spese di generi alimentari destinati alle persone in gravi difficoltà.
Nelle sue innumerevoli iniziative, a Sergio Crocco il sostegno non è mai venuto meno, perché tutti si fidano di questo “Gino Strada" della solidarietà, che si muove quasi come Madre Teresa nella terra dei disperati. E così i tantissimi iscritti all’associazione, con pochi euro per la tessera annuale, contribuiscono a sostenere i tanti progetti messi in campo e sempre realizzati.
Sergio, che tiene molto ad essere considerato un primus inter pares nell’associazione, ha un amore sempre più forte per l’Africa. Giorno e notte Sergio vede i watoto, i bambini africani, sente il loro dolore, rivive le mille ingiustizie che sono costretti a subire, vede tutto il male che è stato fatto a quella terra straordinariamente ricca, ma ridotta alla miseria. Una miseria, anche per quanto è successo nel passato, per la quale dovremmo sentirci responsabili, e non girare la testa dall’altra parte quando vediamo in tv scene di miseria, sofferenza e fame in Africa.
«Quando mi trovo tra i watoto respiro vita, gioia, armonia. I watoto sono il mio mondo» dice spesso Sergio Crocco, autentico missionario laico nelle terre degli ultimi, le terre di Piero. Ma chissà quando il mondo di Sergio diventerà anche il nostro mondo.
Intanto il 13 settembre a Castrolibero va in scena la nuova opera di Sergio: Foraffascinu. Prova a dire cuddruriaddru. Dopo il covid si torna a sorridere e a pensare in libertà.