A San Martino ogni mosto è vino, si dice in occasione dell’11 novembre, in cui in tutta Italia si festeggia San Martino, patrono dei soldati, dei pellegrini e dei viandanti, ma anche dei cornuti. Principalmente festeggiato in modo pagano per sancire la fine del ciclo del raccolto e cominciarne un altro prima dell’inverno. Una data da sempre dedicata all’assaggio del vino novello, portato in tavola per la prima volta poiché finisce la sua fase di fermentazione. La data venne poi trasformata in festività religiosa.

 

Legato ad una storia che lo vede protagonista di un gesto generoso ed altruista, in Calabria nel passato il Santo di origini ungheresi veniva a volte descritto e raccontato come un brigante. Ma cosa si faceva, e cosa si fa ancora in Calabria in una delle festività più legate soprattutto all’agricoltura e al vino? Dalla gastronomia, all’apertura delle botti, alle preghiere, una serie di tradizioni ancora mantenute che fanno di San Martino una festività viva soprattutto nei piccoli paesi, in cui si organizzano feste dedicate al Santo, ed eventi in cui ad essere protagonista non può che essere il vino novello.

 

La leggenda di San Martino

Uno dei racconti più noti legati a San Martino di Tours, nato in Ungheria, in Pannonia, e proclamato vescovo in  Francia, è quello in cui si racconta di un suo gesto di carità nei confronti di un mendicante che il Santo all’età di 18 anni incontrò mentre era a cavallo. Il poveretto aveva addosso solo vecchi vestiti che non bastavano a coprirlo dal freddo dell’inverno, e così Martino con la spada divise in due il suo mantello dandone metà all’uomo che tremava di freddo. Subito dopo uscì il sole e  la temperatura rigida si alzò, come se il gesto avesse cambiato miracolosamente le cose, episodio che diede vita al noto motto L’estate di San Martino dura tre giorni e un pochino. Durante la stessa notte, Martino in un sogno vide Gesù Cristo che aveva addosso metà del suo mantello, e che gli disse che il mendicante che aveva incontrato era lui, il quale aveva riconosciuto il suo grande gesto altruistico. Dopo quell'episodio, Martino, che pur avendo seguito la dottrina cristiana non era battezzato, diede inizio al suo cammino di fede, fino ad essere proclamato nel 371 d.C. vescovo di Tours.

 

La leggenda di Martino il brigante

Se in tutto il mondo San Martino è conosciuto per la leggenda che ne racconta la generosità, in Calabria l’immaginario popolare ha unito la figura del santo a quella di un brigante, Nino Martino, diventato Santo poiché vendicava i torti subiti dai calabresi spaventando la borghesia. Dopo molti anni di brigantaggio, in cui era rimasto nascosto nelle montagne, il brigante decide di ritornare nel suo paese per riabbracciare sua madre e per ricominciare partendo da una vita senza pericoli e senza sangue. Deposte però le armi, volle ritornare a vivere isolato, e per questo fu tradito dai suoi compagni, che denunciarono la sua presenza ai nobili, i quali lo uccisero. Il suo corpo prima abbandonato fu portato in un secondo momento verso casa, dove sua madre non ebbe il coraggio di separarsene, e lo seppellì in cantina, sotto una botte, per averlo sempre vicino. Da quella vecchia botte sgorgava un buonissimo vino, che sembrava non finire mai: anche quando la botte sembrava essere arrivata al fondo, ecco che inspiegabilmente il vino tornava a riempirla. Volendo controllare come avvenisse questo “miracolo”, fu aperta la botte, che rivelò la presenza del corpo di Nino Martino, dalla quale bocca - o dalle ferite, in base alla versione dei racconti - usciva il vino che sembrava non volersi esaurire mai.

 

San Martino in Calabria

La festa di San Martino in Calabria è legata da un filo conduttore che unisce tradizioni agricole, piatti tipici preparati in questa giornata di festa, l’apertura delle botti per assaggiare il vino novello, e riti pagani e religiosi attraverso preghiere e filastrocche ancora conosciute, come i detti popolari ai quali i calabresi si sentono ancora legati. A San Martino ad esempio era il tempo propizio per la semina del grano. A Sant’Andrìa simmina granu ara sporìa ca no n’escia cumu n’escìa recita un vecchio detto in dialetto, ovvero, se semini nel giorno di Sant’Andrea, il 30 di novembre, è troppo tardi, e quindi il grano non crescerà come sarebbe cresciuto a seminarlo invece l’11 novembre. Detto che va a rafforzare il legame che da sempre l’uomo ha avuto con il grano, da qui l’importanza di seminarlo nel periodo giusto, appunto San Martino, poiché una volta raccolto questo avrebbe legato il lavoro dell’uomo nei campi con quello della donna che ne utilizzava la farina per preparare il pane. 

 

Santo protettore

Sono vari i paesi in Calabria devoti al Santo protettore dei viandanti e dei pellegrini, come Soriano Calabro, San Martino di Taurianova,  Rocca di Neto, e Settingiano, quest’ultimo protagonista di un avvenimento particolare che ha fatto sì che si iniziasse a festeggiare il santo come patrono del paese, fino a quel momento Santa Donata. L’episodio risale al 1806 quando le truppe francesi si trovavano a Nicastro, nel lametino, e stavano distruggendo l’entroterra catanzarese, arrivando quasi al paese, dove i rivoluzionari di Settingiano, Tiriolo, Marcellinara e San Pietro a Maida riuscirono a respingerli. Non arrendendosi i francesi tornarono all’attacco, ma a Settingiano furono raggiunti da alcuni abitanti con in capo don Tommaso, il parroco, che portava in mano vino e soldi, i quali convinsero i francesi ad andarsene. Non è del tutto chiaro se furono i soldati che durante l’accordo imposero la devozione nei confronti del Santo noto in patria come protettore della fanteria transalpina, o se fu una decisione presa della comunità come ringraziamento al Santo francese per il pericolo scampato. Ma da allora San Martino divenne il protettore di Settingiano e viene festeggiato ogni anno con devozione e fede.

 

San Martino a tavola

In Calabria festa è sinonimo di buon cibo, lo sappiamo bene noi calabresi che non manchiamo occasione per sederci a tavola a consumare i cibi che più ci piacciono in base al periodo in cui ci troviamo. Anche per il giorno di San Martino ovviamente non possono mancare nella cucina della nostra regione ingredienti e pietanze che pur senza parlare raccontano di un tempo antico in cui oltre al mosto diventato vino, erano, e lo sono ancora, anche altri i piatti che aprivano la festa dell’11 novembre. La fine della fermentazione permette di assaggiare il primo vino novello, che accompagna in Calabria il baccalà fritto, rigorosamente servito con pipi, e con le olive ammaccate, verdi e salate e oliate da pochi giorni, essendosi conclusa da poco la raccolta. Un profumo di fritto che sa di casa, di tradizione, e di cose buone, che per fortuna mai abbandona le nostre famiglie, anche quelle più moderne. Immancabili in alcune zone i cuddrurìaddri, o zeppole, buonissime “ciambelle” salate a base di farina, lievito e patate, anche nella versione lunga con alici, in questo caso chiamate pitte ccu alici, vecchiaredde, o grispeddre, in base al luogo in cui vengono fatte. Una ricetta antica tramandata, ma diversa di famiglia in famiglia, che si sa, poi ognuno ci mette la propria mano. Potete provare a chiedere la ricetta, che avrà un’unica unità di misura: a ùacchiu, a occhio, o quanta si nni piglia, quanta ne prende, un qb delle nostre nonne. Chiedete per verificare la risposta. Un tempo più usata, ma non del tutto scomparsa, è la pitta di San Martino, biscotti a forma rettangolare arrotondati con mandorle tostate, uvetta passa e fichi secchi, tipiche soprattutto delle zone del reggino.

 

Riti e preghiere

Essendo legata ad una leggenda che metteva al centro un santo, la festa dell’11 novembre era arricchita anche da riti religiosi, come la novena, con preghiere e rosari che iniziavano già il 2 novembre. Senza dimenticare anche la preparazione del pane, sempre accompagnata da filastrocche e preghiere per auspicare prosperità. Recita così un detto di saggezza popolare, un tempo ripetuto per far sì che il pane venisse buono e ce ne fosse in abbondanza:

A nomu de Diu e de santu Martinu, 

pana cuttu e furnu chinu, 

ca bisognu nui nd'avìmu! 

Santu Martinu bellu, chi splendori,

oh chi lustru di vara chi lu teni!

Di 'stu paisi è lu protettori,

grazii 'ndi cuncedi e 'ndi disponi,

e 'ndi cuncedi pe' li peccaturi

massimamenti pe' l'animi boni.