La storia del medico musicista: salva vite in ospedale, poi le allieta con la sua chitarra e la sua bella voce nelle piazze: «Il binomio musica-medicina esiste fin dalla notte dei tempi»
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«Io amo lavorare con il cuore. Perchè il cuore, quando vuole, si ostina a vedere oceani immensi in una misera goccia d'acqua».
Il cuore è la vita, il cuore è tutto. Marco Valente lavora quotidianamente con il cuore, nel senso del muscolo al quale non permette di fermarsi di battere. E lotta disperatamente con il bisturi in mano. Marco Valente usa il cuore anche sul palco: Long Time Comin di Bruce Springsteen è il cavallo di battaglia del suo gruppo, la Roadhouse Band. Ma lui si esalta con The Boxer di Paul Simon (già Simon & Garfunkel). Canzoni intergenerazionali, duramente poetiche.
Lui, chitarra, voce e armonica del gruppo ha girato la Calabria in agosto: voce e cuore, chitarra e bisturi. «Di fatto, le canzoni sono opere leggere e brevi per definizione, fragili, effimere però potenti nella loro pervasività e nella loro straordinaria capacità di incidere nelle nostre vite». Cardiochirurgo, musicista rock e anche un po’ filosofo e poeta: «Diceva il grande scrittore francese Marcel Proust che la musica risveglia la parte più misteriosa, il fondo della nostra anima. É vero: la musica è una compagna deliziosa su cui si può sempre contare, un'attività rilassante ma anche stimolante che conduce la mente ad uno stato di profonda tranquillità. Vivere quel momento e stare nel "flusso" è una sensazione bellissima e gratificante» - dice Marco.
Marco Valente ha cuore e cervello, mano ferma e decisa, anima rock e volontà ferrea. Lui le vite le salva, battendosi come un leone in sala operatoria. Poi le allieta con la sua chitarra e la sua bella voce nelle piazze: «Da medico posso affermare sicuramente che la musica è un fenomeno neurologico: c'è un rilascio di endorfine, neurotrasmettitori che generano sensazioni di benessere (dunque, anche cardiotoniche). E poi il binomio musica-medicina esiste fin dalla notte dei tempi, dall'epoca dei Greci che attribuivano ad un'unica divinità, Apollo, la protezione sia dell'arte della musica che dell'arte medica».
Apollo guidi e illumini sempre il cardiochirurgo rock del Sant’Anna, sia quando ha il bisturi in mano, sia quando ha le corde della chitarra fra le dita.
Lui è un presilano cosentino (gli attuali Casali del Manco), ama la Calabria, è innamorato del suo lavoro, segue i battiti del cuore come le note della musica. È cardiochirurgo al Sant'Anna Hospital di Catanzaro, è stato dirigente medico presso Uoc di Cardiochirurgia dell’ ospedale San Filippo Neri di Roma.
«Il lavoro del medico è un lavoro nobile e delicato che sottrae tempo ed energie, ma nel mio caso non impedisce di coltivare la mia forte passione per la musica (che considero un dono) con una volontà difficilmente deviabile dalla mia traiettoria. Soprattutto in questi tempi un po' confusi, perché costituisce un approccio intelligente alla gestione della propria vita, quasi una bussola morale, una sorta di stella polare».
Sì, è proprio vero. E come dice l’immensa Mina: «La musica, bella o brutta, seria o ignorante, santa o puttana, è lunga. E non ti abbandona. È il rumore dell'anima. E ti si attacca alla pelle e al cuore per non lasciarti più» E se lo dice la voce più bella del mondo…