Prima dell'era del cemento, in edilizia i leganti idraulici usati per le varie costruzioni erano altri: dalla malta di gesso usata dagli egizi fin dal III millennio a.C. alla calce aerea dell'impero romano utilizzata fino al 1756, anno della scoperta rivoluzionaria della calce idraulica da parte dell'ingegnere britannico John Smeaton che segnò il passaggio dal calcestruzzo romano a quello moderno.

La calce veniva ricavata dalla cottura di pietre calcaree, che successivamente miscelate all'acqua davano un composto chimico indurente usato anche fino al 1950-60. Epoca in cui anche Agostino Naso e suo padre, di Caria - una piccola frazione del comune di Drapia, in provincia di Vibo Valentia -, hanno terminato di produrre la calce nelle cosiddette "carcare".

Oggi Agostino ha 87 anni e ci racconta con grande emozione e malinconia gli anni successivi alla fine della Seconda guerra mondiale. Era ancora un ragazzino e per sopravvivere e combattere la fame, suo padre decise di costruire una "carcara", che non era altro una fornace dove venivano cotte delle determinate rocce per ottenere la calce e facendosi aiutare da suo figlio Agostino, in località Monte Poro trovò un punto dove realizzarla. Scavarono all'interno di una roccia un cilindro profondo quasi 10 metri per un diametro di 3, qui venivano sistemate una sopra l'altra - formando una cupola - le pietre provenienti dalla cava di Presinaci, un piccolo paesino a pochi chilometri da Monte Poro. Una volta riempita, la fornace veniva chiusa ermeticamente. Al di sotto della stessa vi era un'altra camera dove venivano inserite delle fascine che alimentavano il fuoco per 2-3 giorni di continuo.

Passato questo lasso di tempo e una volta che le pietre si erano raffreddate, venivano estratte e mescolate con l’acqua e sabbia si otteneva così la calce, usata per le varie costruzioni fin quando non venne sostituita dal moderno cemento Portland. Un momento che segnò la fine dell'era delle "carcare".