Leggende e tradizioni secolari si intrecciano insieme a sacro e profano nel giorno dell’Epifania in Calabria, data dedicata alla Befana, una vecchina vestita di stracci che secondo la credenza popolare vola su una scopa nella notte tra il 5 e il 6 gennaio portando regali ai più piccoli. 

Anche l’Epifania come altre feste risente della “fusione” tra la cristianità e riti pre cristiani e pagani, ma che sono rimasti ancora ben radicati nell’immaginario comune arrivando fino ad oggi senza scomparire e adattandosi ai tempi.

L’Epifania tra sacro e profano

I festeggiamenti dell’Epifania risalgono ai tempi dell’antica Roma e sono riconducibili al mito della dea Diana, dea dell’abbondanza e della cacciagione, esattamente 12 giorni dopo il solstizio d’inverno, il 25 dicembre, che vedeva celebrare la morte e la rinascita della natura. La rappresentazione della dea non era quella alla quale siamo abituati, che iniziò ad essere rappresentata come una vecchia strega a partire dall’Alto Medioevo, quando la Chiesa condannava  i riti propiziatori pagani. In ambito sacro l’Epifania è rappresentata dall’arrivo dei magi alla grotta della natività, che porteranno doni al nuovo nato, da qui anche la tradizione di portare regali ai bambini. Anche in Calabria resistono ancora tradizioni specifiche per il giorno della Befana, che riguardano soprattutto il cibo, colonna portante di tutte le festività nella nostra regione, tradizioni musicali e storie magiche ancora raccontate.

Dalle fontane sgorga olio e dai fiumi il vino

Non acqua ma olio, è quello che uscirebbe dalle fontane del paese durante la notte della Befana secondo una delle credenze popolari diffuse in Calabria, che deve il racconto ad una storia tramandata fino ad oggi. Un padre di famiglia prima di andare a letto nella notte del 5 gennaio, si accorse che non ci fosse più acqua in casa, decidendo di prendere delle brocche e avviarsi alla fontana del centro per andare a riempirle in modo da averla al risveglio. La sorpresa ci fu il giorno dopo quando in casa tutti si alzarono: le brocche al loro interno non avevano acqua ma olio. Secondo una leggenda simile nei fiumi scorrerebbe invece vino fresco e limpido anziché acqua. Per entrambi i racconti, la magia accade solo alle persone di buon cuore e senza cattiveria. 

Gli animali che parlano

Durante la notte tra il 5 e il 6 gennaio pare che gli animali di casa, dai cani, ai gatti, ma anche i maiali e le mucche se se ne possiedono, possano parlare e si mettano a chiacchierare riguardo ai propri padroni, giudicandoli bene o male in base a come si sono comportati con loro durante l’anno. Per scongiurare il pericolo di essere mal giudicati si preparano perciò ciotole più abbondanti del solito con cibo e acqua agli animali, che in questo modo saranno contenti dei propri padroni e continueranno a rimanere senza decidere di scappare. Ma non provate a mettervi in ascolto quando parleranno: chi ha provato a farlo, sempre secondo la leggenda, non sarà così fortunato da poterlo raccontare ad altri, poiché farà una brutta fine.

Le 13 pietanze a tavola

In Calabria non c’è festa senza che questa sia legata al cibo. Tra le tradizioni ancora seguite dai calabresi in tavola è ancora viva quella di passare la sera della vigilia in famiglia imbandendo la tavola con 13 pietanze, dall’antipasto fino ad arrivare anche agli stuzzichini che si mettono solitamente alla fine della cena, come noccioline, lupini, e dolci vari. Il 13 è un numero simbolico, e rappresenta i 12 apostoli che insieme a Cristo siedono alla tavola durante l’ultima cena. Inoltre 13 sono i giorni passati dal 25 dicembre, data della nascita di Gesù, per il quale a fine pasto si lascia un posto apparecchiato. Un’altra leggenda riguarda il mondo dei morti: proprio in questa data pare che le anime del Purgatorio tornino sulla terra per rivedere i propri familiari, ed è per questo che si preparano anche per loro 13 pietanze. 

La tradizione della Strina 

La Strina della Befana è ancora una tradizione di molti paesi in Calabria, quando gli strinari vanno di casa in casa o per le vie e le piazze a portare il canto di buon augurio, simboleggiando la fine dell’anno vecchio per abbracciare quello nuovo, augurando prosperità e cose belle. Solitamente in due, o in gruppo, gli strinari hanno come strumenti la zampogna, strumento portante della melodia, pepite, e a volte tamburello, tipici della tradizione calabrese, e regaleranno agli abitanti del posto e ai passanti antichi canti e suoni di buon auspicio. Per ringraziarli solitamente si offrirà ai suonatori cibo, dolci e vino, contraccambiando il dono ricevuto.