Dalla pittura alla scultura tessile, Nadia Riotto racconta a in una delle puntate di LaC Storie, il format tv a cura di Saverio Caracciolo, la sua evoluzione artistica, i suoi esperimenti, e come la sua arte sia diventata un dialogo intimo con le forme. Un percorso di ricerca che non conosce confini, né spazio né tempo, ma che ha fatto di Palmi il suo rifugio creativo (QUI LA PUNTATA)

Da tela a tessuto, il viaggio artistico di Nadia Riotto

Nadia, artista e scultrice calabrese, è una di quelle rare voci che riesce a trasformare la materia in emozione pura. Nata come pittrice, la sua arte ha intrapreso un viaggio che l’ha portata a esplorare nuovi orizzonti, dove la pittura incontra la scultura, e la scultura si tesse di stoffa e vita. Quella che inizia come una passione infantile per colori, forme e fiori, si trasforma, anno dopo anno, in una ricerca senza fine verso una scultura che parla, che vive, che interagisce con l’artista.

«Non sono mai riuscita a definire quando è nata la mia passione per l’arte», racconta Nadia, ma la sua formazione artistica è decisamente un percorso di scoperta e evoluzione. Dopo aver frequentato l’Istituto d’arte a Palmi, dove si innamora della ceramica, Nadia decide di proseguire gli studi all’Accademia di Belle Arti, dove si diploma prima in pittura nel 2019, per poi intraprendere il corso di scultura e completare un altro diploma nel 2024. È in quest’ultimo campo che la sua arte prende una piega inaspettata: la fusione tra la scultura e i tessuti.

La sua passione per i materiali nasce proprio durante gli ultimi anni di Accademia, quando, dopo aver visto le sculture in nylon di un artista alla Biennale, Nadia rimane folgorata. «Volevo capire come realizzare quelle sculture», spiega. Così, inizia a esplorare il mondo della scultura tessile, un incontro che cambierà per sempre il suo approccio artistico. All’inizio, il percorso è segnato da tentativi e fallimenti, ma Nadia non si arrende. «Per me l’arte è un gioco, un’esplorazione, racconta, un gioco che mi permette di comprendere il materiale, di conoscerlo. Ogni imbottitura, ogni strato di tessuto ha una resa diversa».

I materiali utilizzati, la filosofia dell’arte e l’ispirazione

Il suo studio diventa un laboratorio di esperimenti, dove la gommapiuma, il nylon, e persino i collant usati si trasformano in opere d’arte. Le sue sculture, infatti, nascono quasi come “oggetti di recupero", materiali che Nadia trova nei mercatini dell’usato o tra gli scarti quotidiani. «L’arte non ha bisogno di materiali costosi per esprimersi, basta avere la voglia di creare», afferma l’artista, che con ogni pezzo di stoffa o gommapiuma riesce a raccontare storie intime e profonde. La sua ricerca non è solo tecnica, ma anche filosofica.

«Quando creo una scultura, sento che essa assume una propria vita. Sono solo un canale, una mediazione». spiega Nadia, che vede nella sua arte un’esperienza spirituale. Le sue sculture, che all’inizio appaiono come bamboline voodoo, sono in realtà figure antropomorfe piene di significato, come Morgana, la scultura che rappresenta la mitologia del suo territorio, o Gnura, una figura della tradizione calabrese, simbolo di saggezza popolare. Ogni scultura ha un nome, un significato che si lega alla sua esperienza personale, alle letture che la ispirano, ma anche al legame profondo che Nadia ha con il suo territorio. Nonostante le opportunità artistiche siano maggiori nelle grandi città, l’artista ha scelto di restare a Palmi, dove la calma del paesaggio le consente di lavorare in pace e meditazione. «Questo è il mio mondo. Qui posso concentrarmi sull'arte senza distrazioni. E poi, le mie sculture viaggiano per me», racconta con un sorriso.

Oltre il successo, l'arte di Nadia come percorso interiore

Nadia ha partecipato a numerosi concorsi e mostre, tra cui la Biennale di Arte Tessile in Ucraina e il Premio Arte a Milano, dove è stata tra i finalisti. Ma nonostante il successo che la sua arte sta raccogliendo in Italia e all’estero, per Nadia il vero sogno è un altro: «Mi piacerebbe vivere della mia arte. Non è una questione di guadagno, ma di dedicarmi completamente a questo lavoro, che è la mia vita». E se è vero che le sue sculture non sono mai uguali a come le immagina inizialmente, è proprio questo il fascino del suo processo creativo, vale a dire una continua evoluzione, una riflessione costante che rende ogni lavoro unico. Un’opera che, come racconta, «decide da sola come deve essere». Un dialogo continuo con la materia, ma anche con se stessa, che rende Nadia una delle giovani più interessanti della scena artistica contemporanea. In un mondo dove tutto sembra voler essere controllato, Nadia ci insegna che l’arte è, in realtà, un atto di abbandono. Un atto di fiducia nella materia e nella sua capacità di prendere vita. Un gioco, sì, ma anche una meditazione.