Da Seminara fino all'Aspromonte, viaggio nelle aziende agricole che puntano sull'extravergine di alta qualità. La storia di un gruppo di imprenditrici che hanno riconvertito le loro colture e attraverso un lavoro maniacale sono riuscite a imporsi sui mercati
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La rivoluzione nella campagne della Piana di Gioia Tauro si tinge di rosa e di verde intenso. Il primo è il colore delle donne che stanno rivoluzionando il modo di produrre puntando sull'alta qualità, il secondo è quello dell'olio extravergine di oliva.
Negli ultimi due lustri nell'olivicoltura di questo territorio è cambiato tutto: le reti che coloravano di verde e arancione i terreni e l'olio lampante sono stati sostituiti da macchine scuotitrici ed axtravergini di altissima qualità.
E in questa evoluzione alcune imprenditrici hanno giocato un ruolo di primo piano e artefici del rilancio del nome della Calabria sui mercati nazionali e internazionali. Un processo, però, che non è stato privo di difficoltà.
Il nostro viaggio parte da Seminara, dai terreni dell'azienda agricola Garzo gestita da tre sorelle che hanno deciso di puntare tutto sulla produzione di grandi extravergini.
«Nel 2017 io e le mie sorelle abbiamo deciso di produrre extravergine di alta qualità - racconta Consuelo Garzo – ed è stato un percorso non facile che è passato attraverso un una grande innovazione che ci ha portato all’alta qualità. Chi opera in questo territorio parte da una posizione svantaggiata perché l’attività tradizionale era legata a una olivicoltura di bassa qualità. La sfida è stata decidere di produrre meno quantità e più qualità».
Ci accompagna nel nostro viaggio uno dei massimi esperti mondiali di olivicoltura e processi produttivi legati all’extravergine. Antonio Lauro da dirigente dell’Arsac ha spinto moltissime aziende verso la riconversione e l’alta qualità. «La vecchia olivicoltura – spiega Lauro - fatta di ulivi giganteschi e di raccolta delle olive per terra, che purtroppo è ancora molto praticata nella nostra zona, non è più conveniente. Siamo in un’area che produceva olio lampante e adesso abbiamo 20-30 aziende ed etichette che garantiscono la qualità».
Lasciamo Seminara per cominciare a salire fino ai piedi dell'Aspromonte e ci fermiamo a Castellace di Oppido Mamertina, dove opera un’altra imprenditrice che ha puntato non solo sull’alta qualità, ma anche sul biologico. «Circa 15 anni fa ho iniziato a occuparmi di olio – dice Armelle Greco – e il passaggio al biologico è stato quasi naturale perché mi sembrava una scelta doverosa. Spesso mi interrogo se ne valga la pena: è una scelta complicata per costi e manodopera che sono proibitivi, ma poi mi dico che faccio qualcosa di bello e di qualità per i miei clienti».
A Cosoleto, vive e lavora la signora dell’Aspromonte, Rita Licastro, guardiana di un territorio aspro, bellissimo e complesso. E soprattutto produttrice di un ottimo extravergine. «Da una decina di anni abbiamo creato un brand – racconta – il “Santa Tecla” con una produzione di alta qualità. Abbiamo mantenuto le nostre colture tradizionali di “sinopolese” e ottobratica”, ma abbiamo anche dei giovani impianti di “leccino” e “nocellara del Belice”».
La strada del ritorno del nostro viaggio non poteva non concludersi in un frantoio. Siamo tornati a Seminara per assistere a uno dei processi più importanti: quello della frangitura, al quale Consuelo Garzo (foto in basso) lavora in modo maniacale. «Per produrre olio di altissima qualità – spiega – la precondizione è l’integrità del frutto, ma poi è fondamentale una corretta trasformazione».