A lanciare la sfida sono stati i giovani Desirèe Zinnà e il marito Antonio Mazzei. È stato lui ad avvicinare la moglie all'uso del telaio tradizionale. Ecco la loro storia
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Una delle voci più ambiziose presenti nel vocabolario della lingua italiana è accasata tra le battute finali del volume che spiega le parole. Trova posto nello scompartimento della lettera “t” e, prima di essere un vocabolo, è un atto di amore nei confronti del passato. Parliamo del verbo “tramandare”.
A Tiriolo, piccolo gioiello urbano della provincia di Catanzaro, pochi mesi fa è stato inaugurato un laboratorio dedicato all'arte della tessitura. Ed è proprio qui, in mezzo all'istmo di Marcellinara che tiene a distanza ravvicinata il mar Ionio e il mar Tirreno, che il verbo “tramandare” si svela, si materializza, manifesta la sua inclinazione a mettere in contatto il passato ed il futuro. Già, perché l'obiettivo del laboratorio “Vancali” è quello di celebrare e trasferire al domani la ricchezza custodita tra le trame di antiche tessiture.
A lanciare la sfida sono stati i giovani Desirèe Zinnà, originaria della provincia di Vibo Valentia, e il marito Antonio Mazzei di Tiriolo. È stato lui ad avvicinare Desirèe all’arte della tessitura a telaio tradizionale. Una passione che nel tempo è divenuta un'impresa. «La vera sfida - dicono - è quella di fare innamorare il mondo dell’alta moda di questo fantastico e unico tessuto, tanto quanto è capitato a noi».
Ma cosa sono i “vancali”? Chi mastica pane e tradizioni calabresi lo sa bene. Sono larghi e pregiati tessuti realizzati al telaio, con decorazioni a strisce regolari accompagnate da motivi tradizionali. Tante le necessità delle donne a cui sono giunti più volte in soccorso: per proteggersi dal freddo, per dare un tocco di eleganza agli abiti in importanti cerimonie, per sorreggere i bambini sulle spalle portandoli con sé. I “vancali” venivano indossati abitualmente per coprire il capo e le spalle. I loro colori inoltre cambiavano a seconda del momento. Durante un lutto, ad esempio, venivano indossati tutti in nero mentre nelle feste era abitudine sfoggiarli pieni di colori e linee.
Ancora oggi, la tradizionale stola di Tiriolo compare nell'abbigliamento femminile per impreziosire un abito o un cappotto ma anche come decoro nelle abitazioni. Capita infatti di trovarlo in molte case sopra il divano, sul tavolo, sulle pareti. Il “vancale” di Tiriolo è d'altronde una vera e propria opera d'arte, una testimonianza ereditata dalla storia che torna a vivere grazie agli antichi telai in legno. Il nome ad esso abbinato deriva dal termine “vanca”, ovvero la panca dentro la quale le donne erano solite riporre il proprio corredo.
Grazie al laboratorio d'arte “Vancali”, l’abilità di molti maestri tessitori di Tiriolo trova così condivisione ed espressione nel presente. Il loro è un lavoro certosino, seguito dal suono degli antichi telai in azione e dall'attenzione che si deve anche al più piccolo dei particolari. Come in una staffetta che ha per meta l'eternità, l'arte della tessitura viene così rinnovata e tramandata alle nuove generazioni. Non per nostalgia dei tempi andati o per rifiuto delle moderne tendenze. Ma perché anche il futuro ha diritto a farsi largo tra i giorni che verranno portando addosso un “vancale” e, con esso, il peso di una bellezza senza età.