A LaC la storia del fotografo autodidatta di Tiriolo che ha trasformato la passione in un archivio di testimonianze visive uniche
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Nel cuore della Calabria, tra il paesaggio rurale e le tradizioni antiche, Antonio Renda ha costruito la sua carriera fotografica, testimoniando una regione che troppo spesso viene dimenticata dai riflettori. La sua passione per la fotografia non è stata una scelta premeditata, ma un destino che si è manifestato per caso.
Un regalo, una macchina fotografica, ha acceso la scintilla che ha portato Renda a diventare uno dei fotografi più importanti della sua generazione. La sua storia raccontata in una delle puntate di LaC Storie, il format curato da Saverio Caracciolo. (Rivedi qui l’intera puntata).
Nel cuore della Calabria, tra il paesaggio rurale e le tradizioni antiche, Antonio Renda ha costruito la sua carriera fotografica, testimoniando una regione che troppo spesso viene dimenticata dai riflettori. La sua passione per la fotografia non è stata una scelta premeditata, ma un destino che si è manifestato per caso. A metà degli anni ’80, un regalo del fratello, una macchina fotografica, che ha reso Renda uno dei fotografi più importanti della sua generazione. Oggi, con oltre quarant'anni di esperienza alle spalle, il suo archivio è un vero e proprio tesoro di immagini che raccontano la Calabria, una regione intrisa di storie, di emozioni e di tradizioni che rischiano di scomparire.
«La fotografia è il mio metodo per scoprire e raccontare la realtà. Mi costringe a guardare con occhi diversi, a fermare il tempo in un istante che altrimenti andrebbe perduto», afferma Renda, che ha dedicato tutta la sua vita a documentare il territorio e la cultura calabrese. Un lavoro di "salvataggio", quasi un atto eroico in un’epoca in cui la fotografia digitale ha preso il sopravvento, appiattendo la percezione dell'immagine e abbattendo i costi della produzione.
La bellezza dell'imperfezione è andare nel cuore della quotidianità.
La sua è una fotografia che non si limita a scattare immagini, ma è un’arte che rivendica un legame profondo con la storia e la cultura. Quella stessa cultura che Renda, da autodidatta, ha studiato e cercato di preservare nel corso degli anni. Ha scelto di esplorare la Calabria con un approccio antropologico, una visione che lo ha portato a formarsi in un campo apparentemente distante dalla fotografia: la filosofia, e in particolare gli studi di antropologia culturale. Un percorso che lo ha reso, più che un semplice fotografo, un "custode" della memoria visiva di un territorio.
«La Calabria è un luogo che racconta storie incredibili, ma queste storie non sono sempre raccontate. La mia fotografia è un modo per dare voce a chi non ha voce», racconta Renda, che ha sempre rifiutato il facile glamour della fotografia patinata e ha preferito concentrarsi su aspetti spesso trascurati della vita quotidiana, come le tradizioni contadine, i paesaggi agricoli e l’autenticità delle persone che abitano questa terra.
Nel corso degli anni, Renda ha realizzato numerose mostre, tra cui una delle più significative sulla "Transumanza" in Calabria, un antico rito che ha fatto da sfondo a numerosi scatti che documentano la vita di pastori e animali, di un’Italia che sta scomparendo. Ma non si è limitato alla fotografia: ha anche curato il restauro di immagini antiche, recuperando fotografie che rischiavano di andare perdute. Un lavoro che ha permesso di salvare parte della storia visiva della Calabria, spesso ignorata dalla grande stampa.
«Quando ho iniziato, non c'era il digitale. Ogni scatto era un rischio, una scommessa. E la diapositiva non permetteva errori. Se sbagliavi, il costoso processo sarebbe stato da rifare da capo», spiega Renda, ricordando i suoi primi anni da fotografo, quando ogni immagine rappresentava una piccola opera d’arte da conservare gelosamente. Oggi, il costo della fotografia analogica è impensabile per molti, ma per Renda quella fase è stata una scuola di vita, che lo ha forgiato come fotografo e come uomo.
Lui "vede" ciò che sfugge ai più, e ferma il tempo
Oggi, quando il mondo sembra voler dimenticare il passato, la sua fotografia rimane un baluardo di resistenza. Un modo per "congelare" la Calabria, i suoi paesaggi, i suoi mestieri e le sue tradizioni, prima che sia troppo tardi. La sua è una fotografia che non si limita a raccontare, ma che educa, coinvolge e fa riflettere. «Fotografare oggi è diverso, ma la tecnica di base è la stessa. Bisogna sapere cosa si sta facendo, altrimenti non si può pensare di fermare il tempo in un’immagine. La fotografia è un linguaggio, e bisogna conoscerne ogni regola per poterne uscire», conclude Renda, concludendo il suo pensiero sull’evoluzione della fotografia, dalla pellicola all’immagine digitale.
La sua carriera è una testimonianza che la fotografia non è solo un mestiere: è una missione Una missione che ha portato avanti con passione e dedizione, per non dimenticare mai le radici di un territorio che ha tanto da raccontare e da preservare. Con il suo lavoro, Renda ci invita a guardare oltre il presente, a "vedere" ciò che sfugge ai più, e a fermare il tempo per dare voce a ciò che è destinato a scomparire. «Il mio sogno? Continuare a fare quello che ho sempre fatto, senza compromettere la mia visione della fotografia, senza cedere alla tentazione di semplificare troppo. La Calabria merita di essere raccontata così, per quello che è». E per fortuna, grazie al suo impegno, questa nostra Calabria continua a vivere, in ogni immagine che scatta e in ogni ricordo che riesce a fermare nell'inquadratura.