La modellista e designer di abbigliamento punta alla creazione di vestiti senza sprechi grazie alla sua sartoria artigianale etica
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Parte principalmente da una scelta etica, e non solo in ambito lavorativo, il progetto di Flavia Amato, modellista e designer di abbigliamento di Guardavalle, che nel 2016 ritorna in Calabria per dare vita a Malìa, sartoria artigianale etica in cui crea e realizza abiti senza sprechi e che durino nel tempo. Il nome è stato scelto per la sua facilità nella pronuncia anche all’estero, dove la designer vorrebbe far conoscere il Made in Italy. E per il suo significato di voler incantare “con la malìa di uno sguardo”, termine usato da Dante nella Divina Commedia, correlato con il nostro termine “magarìa”, come qualcosa di magico che strega. Nel logo un fuso, da sempre simbolo di artigianalità.
Gli studi all’Accademia e di modellistica
Ha appena 18 anni Flavia quando lascia Guardavalle Marina, piccolo paese della provincia di Catanzaro che si affaccia sul Mar Ionio, per trasferirsi nelle Marche, dove abitano suo fratello e sua sorella, per frequentare l’Accademia di Belle Arti. Sua nonna aveva una merceria, il suo prozio era il sarto del paese, mentre sua mamma cuciva da sempre, perciò forse anche questo ha inciso sulle sue aspirazioni. Qui segue la sua passione di disegnare gli abiti, che all’epoca pensava fosse un po’ troppo grande per il suo paesino, arrivando poi alla scuola professionale di modellistica e diventando modellista di abbigliamento, un ruolo molto ricercato tra le case di moda.
«Nella mia vita personale avevo deciso di fare delle scelte etiche, stavo attenta ai prodotti, a quello che usavo. Ho iniziato a fare la modellista per marchi noti e ho visto cosa c’è dietro le quinte dei brand, alcuni anche grandi e importanti, che di Made in Italy ormai non hanno più niente: qualità bassa, lavoratori in cattive condizioni. Non volevo più comprare niente che arrivasse da questo, e quindi ho pensato fosse arrivato il momento di fare qualcosa» dice Flavia, da sempre attenta all’impatto ambientale e alla natura.
Il bando per progetti innovativi e il trasferimento in Calabria
Nel 2014 l’Istituto Adriano Olivetti di Ancona, che incentra i suoi corsi sugli studi per la gestione dell'economia e delle aziende, crea un bando per supportare start-app innovative. Flavia invia la sua idea e viene selezionata, e da lì le si apre un mondo. Approfondisce le sue conoscenze, impara come si gestisce un’azienda, e nel 2016 decide di trasferirsi nuovamente nel suo paese natale insieme a suo marito.
Qui recupera la merceria di sua nonna, la ristruttura e crea Malìa, il suo marchio di moda etica e sostenibile in cui utilizza filati naturali come la canapa, l’ortica, la seta, il cotone, il lino. Fino ad arrivare a filati innovativi creati partendo da fibre naturali: di aloe, di bambù, di alga, di latte, «fibre che hanno un’altissima qualità senza nuocere all’ambiente». Fino a qualche anno fa erano pochissime in tutta Italia i brand a racchiudere concetti come sostenibilità, consumo critico e consapevole, senza la rinuncia ad un capo confezionato sui gusti del cliente, unico e che duri a lungo. Quella di Flavia era tra queste pochissime, anche se negli ultimi anni sono in crescita quelle che hanno uno sguardo attento su tali concetti.
«L’idea era quella di creare una linea sia per uomo che per donna, ma alla fine mi sono concentrata sulla linea donna, creando abiti che possano essere vestiti in ogni arco della giornata. Ci tenevo che si sdoganasse il concetto di “moda passeggera”, cerco perciò di fare abiti eterni e non incorrere in una moda usa e getta, ma che duri nel tempo». L’idea parte dal tessuto. Flavia disegna poi in base alla fisicità della donna ascoltando i gusti della cliente per realizzare un abito apposta per lei.
«Ovviamente qualcuno mi ha dato della pazza quando ha saputo che mi sono ritrasferita per avviare l’atelier a Guardavalle, che in inverno conta circa 2mila abitanti. Col passare del tempo però le persone si sono ricredute, e sono stata supportata da chi mi conosce. Non tutti comprendono la moda etica, ma il consumatore va educato per far sì che capisca che ci possono essere delle alternative». Passione, cura per i dettagli, stile unico per ogni capo poiché creato apposta per chi lo richiede, e attenzione alla scelta dei tessuti: sono ingredienti fondamentali del suo lavoro, grazie ai quali riesce a sostenere l’atelier e a soddisfare tutte le esigenze delle utenti avendo un bassissimo impatto sull’ambiente.
La ricerca di tessuti prodotti in Calabria e l’ecosotenibilità
Ma la giovane stilista non si “accontenta”, e vuole provare a recuperare quelle fibre e quei tessuti che nel tempo si stavano perdendo. Si mette quindi a studiare e fare delle ricerche sulla seta, sulla ginestra, sull’artigianato e la tessitura, fino a qualche decennio fa fiore all’occhiello della Calabria. «Perché non provare a creare una vera e propria filiera qui? Dove alcuni tessuti nascono, e dove in tanti possono lavorare senza essere costretti ad andare nelle grandi case di moda fuori regione?» è la domanda che Flavia pone a sé stessa, e che la spinge a rimanere per crescere professionalmente qui, dov’è nata. Il business dell’azienda è principalmente on line, possibile grazie al rapporto che Flavia costruisce con le clienti “guidandole” anche a distanza tramite alcuni passaggi, in modo che anche chi non ha dimestichezza a prendersi delle misure, possa farlo, nel caso in cui non sia possibile recarsi nel laboratorio. «Un valore aggiunto per un brand sostenibile – dice – in quanto confeziono solo quando arriva un ordine, e questo è importante per non aggiungere ulteriori sprechi, poiché se un abito rimanesse qui in atelier invenduto sarebbe una risorsa sprecata comunque.»
Nell’atelier, oltre a Flavia che si occupa della parte creativa, sartoriale e confeziona gli abiti, lavora anche suo marito, che si occupa della parte digitale e di tutto quello che riguarda l’on line. Per i social e le fotografie ci sono invece dei collaboratori esterni.
La difficoltà di non fare rete
Nonostante gli ostacoli Flavia sottolinea che rifarebbe la stessa scelta, anche se per lei la nota dolente rimane l’incapacità di molte realtà calabresi di fare rete. «Qui non è una buona abitudine per tutti e alcune volte si tende a mantenere i propri progetti e la propria professionalità per sé. Dimenticando così che un giorno questi tipi di artigianato e lavorazione potrebbero non esserci se non tramandate a nessuno per paura di perdere clienti». Per fortuna qualcosa sta cambiando. Malìa ha ad esempio avviato una collaborazione con la cooperativa agricola Nido di seta di San Floro, e non esclude la volontà di collaborare anche con altre aziende calabresi con i quali condividere gli stessi ideali e punti di vista sul dare vita a prodotti in modo etico.
Una scuola di artigianato a Guardavalle
«Il prossimo passo sarà creare una scuola di artigianato nel borgo, in cui l’obiettivo non è solo dare una formazione ai giovani che vogliono intraprendere questa strada, e la possibilità di avviare delle visite per studenti e studentesse. Ma istituire anche una scuola di turismo esperienziale, per permettere ai visitatori di venire e imparare a tessere al telaio, portando a casa il proprio lavoro. Insegnando così non solo a fare sartoria ma anche la nostra storia artigianale» dice la modellista, ideatrice di un brand che rappresenta una realtà positiva e innovativa della Calabria, che si sta già muovendo per cercare artigiani disponibili a insegnare l’arte della tessitura.
«Siamo noi il cambiamento e se tutti vanno via e nessuno torna col proprio bagaglio d’esperienza, questa terra sarà considerata sempre l’ultima e niente cambierà. Se invece ci avviciniamo ad altre persone che hanno una visione comune alla nostra, facendo rete e collaborando – conclude Flavia Amato – l’economia basata sul tessile si allargherà passo passo, avendo la possibilità di diventare un importante modo di apportare economia al territorio.»