Mateando quest'anno taglierà il traguardo della sua decima edizione, organizzato da Anna Stratigò e l'associazione Officina della musica di Lungro. Appuntamento in programma l'1 agosto
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È stata definita capitale del mate, dove ogni anno si organizza un festival che mette al centro proprio la bevanda diffusa soprattutto in Sud America. A Lungro, città del sale, del Risorgimento e del mate, bere tale bevanda rappresenta un rito, un momento di condivisione che si svolge in tutte le famiglie della comunità, portato nel paese arbëreshë del Pollino durante le migrazioni verso e dall'Argentina, avvenute tra la fine dell'800 e i primi del '900. La tradizione rappresenta oggi uno dei tratti identitari del piccolo centro in provincia di Cosenza in cui si trova la Casa del Mate, dove ha sede dell'Accademia del Mate.
Nata nel 2015, si propone di approfondire e diffondere una vera e propria cultura nella comunicazione e divulgazione delle peculiari caratteristiche dell’erba mate. L'Accademia è costituita da un piccolo museo sulla tradizione della bevanda, una sala concerti dove si esibiscono musicisti da tutto il mondo, e di una cucina per godere dei piatti della tradizione arbëreshë, garibaldina e col mate.
La tradizione del mate a partire dalla fine dell'800
La tradizione a Lungro prende piede dopo l'Unità d'Italia, per via delle due grandi migrazioni dei calabresi verso l'Argentina, intorno al 1880, e nel 1920. Ciò è dovuto al fatto che il mate, oltre ad essere portato a Lungro da chi ritornava dall'Argentina, era uno dei beni che arrivavano con i pacchi spediti da oltreoceano dai lungresi, partiti per cercare fortuna, che volevano inviare qualcosa di tipico ai loro familiari e amici rimasti a Lungro. Che a loro volta spedivano i propri prodotti, come salsicce e tipicità locali, per far sentire più a casa i compaesani, dando così vita ad una sorta di scambio continuo tra il piccolo centro arbëreshë e l'Argentina. Ma durante il periodo della guerra, l'invio dei pacchi da e per l'Argentina venne interrotto. Per sopperire quindi alla mancanza della bevanda, Lungo iniziò a vendere la yerba presso i propri negozi, cosa fino ad allora mai avvenuta.
Fino agli anni '50, oltre al mate, arrivavano dall'Argentina anche gli oggetti che servivano per poterlo bere: la bombilla, ovvero una cannuccia di acciaio compresa di filtro con i buchi, che serve a far passare il liquido senza che passino anche le erbe, e la calabaza, traduzione di zucca, dove viene inserito l'infuso. Quando a causa della guerra, gli scambi non avvenivano in modo così semplice come prima, i lungresi decisero di piantare, letteralmente, delle zucche, da usare come calabaza all'interno della quale inserire la yerba, che in paese è chiamato kungul. «Molto spesso si legge che qui si produce il mate, ma non è proprio esatto: ad essere coltivate, infatti, non sono le piante ma le zucche, nelle quali si inserisce l'infuso. In alcune famiglie quindi c'è chi possiede la calabaza di fabbrica e chi invece di campagna» dice Anna Stratigò, scrittrice, musicista, artista e operatrice culturale di Lungro che organizza ogni anno il festival dedicato al mate, e che alla bevanda argentina ha dedicato anche un brano. «A Lungro si trova tutto il necessario per preparare e bere l'infuso, a differenza di praticamente tutto il resto d'Italia, proprio perché qui berlo è una pratica che fa parte della quotidianità». Un momento familiare, di condivisione e di comunicazione circolare, che qui ha mantenuto la sua origine così com'è nata nel paese sudamericano che ha visto arrivare via mare tanti calabresi in cerca di una vita migliore. Una tradizione praticata anche dai salinari, prima di andare nella salina presente nel sottosuolo utilizzata fino agli anni ‘70, che lo usavano come energizzante, ma anche dalle donne, che lo consumavano quando si riunivano tra di loro.
Dal festival del Mate alle tesi di laurea
Ogni anno, ad agosto, piazza XVI luglio ospita quello che è diventato uno degli appuntamenti più sentiti e partecipati, non solo dalla comunità arbëreshë, ma anche da persone provenienti da fuori regione e dall'estero, argentini inclusi. Mateando è il nome del festival che quest'anno taglierà il traguardo della sua decima edizione, organizzato da Anna Stratigò e l'associazione Officina della musica di Lungro, della quale è responsabile, che celebra questa tradizione tra musica e spettacolo. Tangibile è il forte legame con l'Argentina anche durante il festival, che non si è mai fermato, nemmeno con l'arrivo del covid. Anzi, è cresciuto in questi anni l'interesse anche a livello internazionale, con collaborazioni con l'Università e la tv argentina, che arriva fino a Lungro per l'1 agosto, giorno di Mateando.
In piazza XVI luglio scorreranno le immagini di vecchi momenti e ricordi della comunità, parte di un archivio di Nick Aiello di Tele Studio Lungro, e sarà presente anche un'orchestra argentina. A dare il via alla festa sarà la Mate Band, gruppo musicale costituito esclusivamente da bambini e bambine, vincitrice del festival che si tiene ogni anno a giugno dedicato a piccoli aspiranti musicisti. Il primo brano ad essere cantato, come di consueto, sarà quello dedicato al mate, che Anna Stratigò ha composto per sottolineare l'importanza del rito che tiene unite due parti del mondo così lontane, ma allo stesso tempo vicine e accomunate dalla stessa convivialità. Il repertorio musicale comprende brani in arbëreshë e in spagnolo. Attesa la presenza della compagnia teatrale Kumbanje Kungulit, che si esibisce solo ed esclusivamente ogni 1 agosto durante la serata del festival, creando così ancora più aspettativa attorno alla visione della commedia che mette in scena, il cui tema girerà intorno al mate. Ad arricchire l'evento, la musica, il tango, e la gastronomia, mentre tutto intorno alla sede dell'Accademia del Mate è un riempirsi di persone provenienti da tutto il mondo, che dà vita ad un evento che come dice Anna «non esclude nessuno, proprio come il mate, intorno al quale cresce sempre di più l'interesse. Varie sono state anche le tesi di laurea che studenti e studentesse universitari hanno voluto scrivere a riguardo, e questo non può che rendermi contenta per il risultato che il progetto sta avendo». La prima tesi sulla tradizione del mate a Lungro risale al 2015, quando una studentessa dell'università di Venezia scrisse proprio del legame tra la bevanda e la comunità del Pollino, avvalendosi anche di lettere originali ancora conservate, che parlano di scambi tra mate argentino e salsiccia calabrese.
«Si tratta di un amore tra una migrazione e un'altra, un dare e ricevere fatto di contaminazioni, che inevitabilmente fa crescere anche i popoli. Bere il mate è sempre stata una pratica scontata per un lungrese, una cosa normale che si fa tutti i giorni, come per il resto d'Italia lo è quella del caffè. È come una carezza, e toccando il mate caldo vengono fuori i ricordi e l'identità, che ogni lungrese porta in giro per il mondo quando porta con sé il mate» dice ancora Anna. Un'abitudine che non è lasciata al caso, poiché ha anche degli orari, che di solito vanno dalle 15:00 alle 17:00, o anche dopo le cene durante i giorni di festa, quando si decide di rimanere in piedi fino a tardi.
«È una pratica talmente normale, che si fa da così tanto tempo, che nessuno aveva pensato di diffonderla, ma che negli ultimi anni sta attirando anche molti turisti. Anni fa inoltre, decisi di comporre una canzone dedicata proprio alla bevanda, La canzone del Mate, Kënga e Matit in lingua arbëreshë. L'importanza del mate non è un elemento identitario arbëreshë, ma un qualcosa di tipico nato a Lungro dalle caratteristiche particolari antropologiche. Il fatto che sia un paese arbëreshë può essere magari un valore aggiunto - dice ancora Anna, che conclude - Il prossimo passo sarà quello di piantare i semi arrivati dall'Argentina, per fare un tentativo con l'Accademia, provando ad ottenere la pianta del mate anche qui a Lungro, dove da un secolo persiste questa tradizione, emblema della convivialità e dello stare insieme».