Le festività pasquali sono nella tradizione cristiana le celebrazioni più sentite dell’anno da sempre. Dopo l’astinenza imposta dalla Quaresima, i quaranta giorni di penitenza in preparazione alla festa della Resurrezione, ci si dispone con l’anima e la pancia all’esaltazione della vita e alla gioia della festa anche attraverso le preparazioni culinarie

L’essenza della tradizione popolare si manifesta non solo attraverso le liturgie che si susseguono a ritmi scanditi nella Settimana Santa ma anche attraverso i sapori del palato, che riportano agli impasti nutrienti ricchi di grasso e ai ripieni con l’utilizzo della carne, di cui ci si priva per il periodo quaresimale in segno di penitenza.

La Pasqua in Calabria è da sempre unione tra storia, cultura e fede. Se le tradizioni sono simili tra le varie comunità, sappiamo bene come le differenze sono importanti da una zona all’altra, da un paese a un altro, dove ogni spirito singolo si è distinto creando un racconto proprio del messaggio pasquale, soprattutto in termini di preparazioni culinarie, tra tipicità dolci e salate da consumare rigorosamente nei giorni del Triduo o della Pasqua e della Pasquetta. 

Nel Cosentino le aree così vaste e morfologicamente diverse, hanno creato varianti importanti, dove sicuramente fa da padrona la “cullura con le uova”, un grande cerchio di farina su cui vengono collocate le uova intere, simbolo di nuova vita e prosperità. Analizzando l’intera area dell’Alto Jonio, prendiamo in esame quelle che sono le preparazioni di Amendolara, borgo di 2.600 abitanti circa a 220 m sul mare, così chiamato dal greco Amygdalaria, ossia “mandorlai”, per la ricca produzione di mandorle per cui è sempre stato conosciuto.

La tradizione portata avanti dal Panificio Varlese

Tra il verde dell’agriturismo La Lista, che dalla sua ampia collina domina il mare prospiciente, Carmela Fiorilli del Panificio Varlese ci mostra le bontà che in questo periodo realizza seguendo le ricette tradizionali che le giungono dalla sua famiglia. Con abile maestria, prepara l’impasto rigorosamente a mano, che realizza con poche decise mosse in una manciata di secondi. A un chilo di farina aggiunge le uova, lo strutto, chiamata la ‘nzùgna (grasso di maiale), il lievito madre, un po’ di sale, qualche mangiata di cannella e sparge sopra i semi di anice, rigorosamente selvatici, che si distinguono per la consistenza polverosa e il loro colore scuro, quasi nero, dai comuni semi di finocchio. Ma soprattutto per l’odore forte e deciso che non ha eguali. Da questo impasto base – la cui caratteristica è quella di essere rigorosamente salato, senza quindi aggiunta di zucchero come invece avviene altrove – si realizzano le varie forme che danno vita alle tipicità pasquali che si ritrovano nelle famiglie amendolaresi in questi giorni.

La “cullura” e le pupe con le uova

Il culmine del sentimento popolare è la “Cullùra ’ntorciniàta cu ll’uve”, la ciambella attorcigliata che ha sopra un numero di uova tante quanti sono i componenti della famiglia nella quale si realizza. Si prosegue con “u Cuzzove”, chiamata anche “a Pupa”, una sorta di bambola con l’uovo, che viene regalato ai bambini. Per le bambine, c’era la tradizione di realizzare la borsetta: all’impasto si dava una forma rettangolare al quale si univa un pezzo di pasta a forma di manico.

Tutte queste preparazioni dalle forme simboliche, una volta che uscivano fragranti dal forno, era tradizione ornarle con un rametto di ulivo benedetto durante la Domenica delle Palme. L’ornamento voleva indicare la benedizione che il cibo consumato avrebbe apportato alla persona che riceveva l’omaggio.

La forma del carciofo

Carmela Varlese racconta di aver arricchito l’offerta dei prodotti pasquali con una forma tutta personale che ha ideato insieme a suo marito nel forno che hanno aperto ad Amendolara nel 1973: il carciofo. La particolarità della forma uscì fuori casualmente: attorcigliando la striscia d’impasto attorno all’uovo, le è venuto naturale tagliuzzare i bordi. Questi, aprendosi in cottura, sono diventati dei veri e propri petali, come delle foglie, dando la forma subito riconducibile dell’ortaggio verde. Il carciofo è ormai un prodotto disponibile nel suo forno per tutti i clienti, che negli anni lo hanno apprezzato facendolo diventare una specificità della comunità.

A pezza ducia

“A pezza ducia” è invece una versione tutta amendolarese della più nota pastiera napoletana: rigorosamente senza grano, è una pasta frolla ripiena di ricotta frullata con zucchero, bucce di arance e, se si vuole, scaglie di cioccolato fondente e un tocco di limoncello. La particolarità è il fatto che sia coperta interamente da un altro impasto, senza le classiche striscioline a cui siamo abituati, come se fosse una torta ripiena. Di questa torta, l’unico preparato che prevede zucchero delle tipicità pasquali, si possono preparare anche versioni di dimensioni più piccole, che prendono la forma di un panzerotto richiuso lungo i bordi, per un consumo più rapido e comodo.

Passando alle preparazioni salate, quelle che si consumano in determinati momenti delle celebrazioni pasquali sono: “A pitta ’nghiùse” o “u fraguniell”, una specie di calzone ripieno con bietole selvatiche, che la tradizione vuole che si mangi dopo la processione del Venerdì santo, quando finisce il digiuno; “U pastizz”, una sorta di pizza salata fatta con olio, sale, lievito e farina, ripiena con carne d’agnello, le interiora dell’agnello ‒ cotto con il condimento di aglio, peperone, piccante, pomodorino ‒ uova bollite e pezzi di formaggio duro. Di solito si preparava per il giorno di Pasquetta, per la comodità con cui si poteva portare per la tipica scampagnata fuori porta.

Tradizione e futuro

La tradizione è forte e resiste nel tempo e le istituzioni sono attente ai risvolti turistici del vasto patrimonio. «Il nostro sogno è quello di creare una sagra delle cullure pasquali, con il sostegno delle attività produttive e dell’amministrazione comunale, per partecipare poi al concorso indetto dall’UNPLI (l'Unione Nazionale Pro Loco d'Italia) sulle sagre d’Italia per far conoscere i nostri prodotti tipici su tutto il territorio nazionale» ha dichiarato Girolamo Mitidieri, presidente ProLoco Amendolara.
 

Angelo Soldato, presidente consiglio comunale Amendolara, ha dichiarato: «Credo che dobbiamo andare in questa direzione: far conoscere i nostri prodotti con iniziative e manifestazioni specifiche alla ricerca di un turismo di qualità. Ringrazio il proprietario della Lista, Giuseppe Benvenuto, per l’ospitalità e il Panificio Varlese per mettersi sempre a disposizione quando si parla di promozione del territorio». 

Giuseppe Benvenuto, proprietario dell’agriturismo La Lista, parla di un turismo di ritorno per quanto riguarda queste zone, soprattutto per le festività natalizie e pasquali, che però si arricchisce di un turismo del Nord Italia e straniero soprattutto d’estate. «Sono gli stranieri coloro i quali apprezzano di più le nostre prelibatezze salate e dolci, perché non sono abituati ai nostri sapori e li scoprono con interesse e curiosità, perché la bontà della ristorazione italiana è davvero unica al mondo. Ad Amendolara abbiamo una grande varietà di ricette legata alle mandorle, tipiche di questo territorio, ed è su questi prodotti che si sta cercando di puntare per una crescita del turismo e della promozione del comprensorio» ha dichiarato Giuseppe Benvenuto.

Le donne continuano a preparare queste tipicità nelle loro famiglie e quando questo non può avvenire, il Forno Varlese, con la signora Carmela e i suoi figli Francesco e Gianluca, sono un punto di riferimento per gli abitanti. I sapori di una volta si ritrovano ancora oggi con tutta la loro potenza sulle nostre tavole, la sapienza degli antichi continua a rinnovarci le promesse di benessere e di sguardo al futuro per la costruzione di una società sana, prosperosa e nutrita non solo con i prodotti genuini della terra, ma anche con l’amore con cui si preparano da sempre.