I vecchi ruderi resistono a testimoniare la presenza monastica sul territorio catanzarese. Edificata verso la fine dell'XI secolo dopo una donazione di Ruggero di Altavilla. Fu il terremoto del 1783 a rendere inagibile l'edificio
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Imponente, maestosa, orgogliosa. La Grangia di Sant'Anna si presenta così: con la sua secolare storia e la bellezza antica e sfrontata di chi non ha paura di paragoni neppure con la modernità. Tra le comunità di Montauro e Gasperina, nella provincia di Catanzaro, resistono, immersi nella natura più verde, i ruderi di una vecchia struttura religiosa fortificata, testimonianza della presenza monastica sul territorio ed importante punto di riferimento in passato per l'intero comprensorio non soltanto sotto il profilo spirituale.
Dal latino "granarium" e dal francese "granier", il termine “grangia” viene impiegato per indicare un luogo in cui si conserva il grano. Nello specifico, soprattutto tra il XIII e il XIV, con tale espressione si faceva riferimento ad un modello di azienda agricola la cui gestione ruotava attorno ad un unico centro, comprensivo di pertinenze e terreni. Grazie ad una donazione di Ruggero di Altavilla nei confronti di Bruno di Colonia e quindi della nascente comunità certosina di Serra, la Grangia venne edificata verso la fine dell’XI secolo. Fu così che una porzione del territorio della diocesi di Squillace venne sottoposta ad un’unica giurisdizione spirituale e temporale. Con il trascorre del tempo, ed esattamente nel 1146, anche il casale di Gasperina andò ad aggiungersi a quelli di Montauro, Oliviano ed Aurunco.
L’area in questione venne interessata dalla costruzione di un monastero, di un luogo di culto dedicato a San Giacomo, di un ricovero per monaci anziani e malati. Lo stesso centro venne inoltre deputato alla gestione delle terre e della relativa riscossione dei canoni oltre che della raccolta dei frutti. È il 1192 quando i possedimenti della Certosa finiscono sotto la giurisdizione dell’ordine cistercense. La sede passa così dall’essere dedicata a San Giacomo ad essere riferita a Sant’Anna. È questo il periodo in cui si inizia a parlare specificamente della Grangia di Montauro, forse con rimando ad un edificio distinto dalla cella originale.
Dopo alterne vicende si giunge al 1542-43, stagione in cui la gestione dei beni della Grangia di Sant’Anna tornano nuovamente all’ordine certosino. Le strutture vennero fortificate: dai magazzini agli alloggi, dal luogo di culto alle fontane.
I terreni incolti, ricadenti nell’area, rimasero riservati al pascolo e le aree boschive impiegate per la raccolta di legna da ardere e ghiande. La restante parte fu interessata dalla coltivazione della vite, dell’ulivo, dei cereali e del gelso. Il terremoto del 1783, che scosse violentemente la Calabria, finì per rendere inagibile l'edificio e per segnare inesorabilmente il destino della struttura.