Sulla cima di un’altura rocciosa dominante lo Stretto di Messina, nel comune di Motta San Giovanni, sorge maestoso il Castello di Santo Niceto, uno dei rarissimi esempi di architettura alto medioevale calabrese. Il suo nome ha origine dalla devozione dei suoi fondatori, siciliani giunti in Calabria con il sostegno del governo dell’Impero Romano d’Oriente, nei confronti di San Niceta il Patrizio, ammiraglio bizantino vissuto tra il VII e l’VIII secolo che, ritiratosi dalla vita militare, si dedicò alla vita ascetica divenendo oggetto di grande culto nel mondo greco-bizantino. 

«Santo Niceto è una fortezza importantissima: è l’unico kastron di origine bizantina conservatosi in uno stato ottimale» racconta Saverio Verduci, storico ricercatore, ai microfoni di Grecanica News. «Sorge su un acrocoro collinoso, dunque su una fila di colline che osservano la costa: fondamentale era il suo scopo a difesa di questo territorio, un lembo di terra molto importante e di forti contrasti, con i bizantini da una parte e gli arabi dall’altra». Un castello costruito dunque in un luogo altamente strategico per l’avvistamento e il rifugio della popolazione di Reggio Calabria durante le incursioni nemiche. Nel corso del tempo, narra Verduci, le fonti storiche hanno ampiamente documentato i notevoli riusi del kastron - serviva anche a mettere in salvo le merci come la pregiata seta prodotta nel territorio reggino, e nel XIII secolo divenne centro di comando del feudo di Santo Niceto ma sempre è stata evidenziata la sua essenziale funzione difensiva, ragione principale per cui è stato costruito. La sua straordinaria e privilegiata posizione consente oggi ai visitatori di osservare un panorama incredibilmente suggestivo, che spazia sull’Aspromonte fino a Capo D’Armi, sull’Etna e sullo Stretto di Messina.

 

Sempre crescente è l’interesse di turisti e studiosi nei confronti di questo antico tesoro calabrese, al centro di numerose pubblicazioni scientifiche e di una progettazione comunitaria che in esso individua un’importante risorsa per lo sviluppo del territorio. Il castello difatti, fino a pochi anni fa in stato di completo abbandono, è giustamente entrato a far parte di quei complessi architettonici sottoposti a un lavoro di recupero e restauro, per consentire la loro preservazione e, soprattutto, la loro valorizzazione storica e culturale.

 

«Ai piedi della fortezza esistono ancora oggi i ruderi di quella che è stata una delle più importanti chiese della zona, la Chiesa dell’Annunziata» prosegue Verduci. «L’abside di questa chiesa ha restituito, già intorno alla metà degli anni ’50, l’immagine di un affresco importantissimo: si tratta della raffigurazione di un Cristo Pantocratore, molto simile a quello del Duomo di Monreale. Questo Cristo, per tantissimi anni abbandonato all’incuria e al degrado, è stato oggetto di una prima importante fase di restauro fortemente voluta dall’amministrazione comunale Verduci insieme all’Unical di Cosenza, che ha in parte restituito la bellezza di questo affresco sacro che ci documenta non solo la storia economica, ma la storia religiosa e sociale di questo territorio».