Da grandi alberi che hanno visto passare secoli di storia, ormai i più antichi d’Europa e del mondo, a ponti costruiti migliaia di anni fa e ancora in piedi, fino a grotte e libri di inestimabile valore, la Calabria racchiude una serie di primati che la rendono unica, a livello non solo italiano ma anche europeo. 

Bellezze naturalistiche, storiche o religiose di inestimabile valore, che rappresentano unicità delle quali sentirsi orgogliosi. Veri e propri tesori che aspettano solo di essere visti e apprezzati per particolarità e presenza che dura, in alcuni casi, da secoli. 

Qui una serie di primati tutti calabresi che fanno parte dell’incredibile patrimonio presente nella nostra regione.

Sul Pollino l’albero più vecchio d’Europa

Si chiama Italus e ha più di 1230 anni, il pino loricato scoperto nel 2017 in seguito alla ricerca effettuata dal Parco Nazionale del Pollino in collaborazione con l'Università della Tuscia, grazie alla quale si è risaliti all’anno di nascita, ed è l’albero più vecchio d’Europa.

Situato all’interno del Parco Nazionale del Pollino, il pino loricato, che rappresenta anche il simbolo del parco, misura 10 metri di altezza ed un diametro di circa 160 centimetri, e si trova a 1900 metri sul livello del mare sul versante Sud di Serra della Ciavole, in una zona molto ripida a due passi dal confine con la Basilicata. Probabilmente è anche per la sua posizione in un luogo difficilmente accessibile e al riparo dal vento e dalle intemperie, se l’albero è riuscito ad essere così longevo, elemento che non esclude la presenza di altri alberi millenari nella stessa area scoscesa.

Il nome non è stato scelto a caso: Italus si rifà al re degli Enotri, popolo che abitava la Calabria già quando arrivarono i greci sulle nostre coste. Un primato che rende orgogliosa la nostra regione e lo stesso Parco Nazionale, sulle quali pesa anche la responsabilità di non rendere il pino loricato più vecchio d’Europa una attrazione da turismo di massa, cosa che comprometterebbe la sua sopravvivenza. 

In Aspromonte la quercia più antica del mondo

Dal pino loricato più antico d’Europa del Pollino, ci trasferiamo al suo esatto opposto, in Aspromonte, dove nel Parco Nazionale, ad un’altezza tra i 1600 e i 1700 metri troviamo il più antico albero di latifoglie temperato datato al mondo. Arriva quasi a 940 anni e anche la quercia come il pino loricato è stata scoperta in seguito ad una ricerca dell’Università della Tuscia. Si tratta di un esemplare di rovere alto circa sei metri, ribattezzato Demetra in onore della dea greca della natura e dell’agricoltura, con un diametro che cresce meno di un millimetro ogni anno.

Indicare con precisione la sua età, con un margine di errore che oscilla tra i 30 e i 50 anni, è stato possibile grazie ad alcune accurate analisi effettuate su cinque grandi querce presenti nell’area protetta dell’Aspromonte, in quella che viene chiamata Valle Infernale. Qui si trovano pendii rocciosi non raggiungibili con facilità, situazione che ha agevolato la conservazione della vegetazione, che risulta ancora intatta proprio perché situata in un luogo impervio. Grazie a questo l'area ospita anche altri alberi di 600-700 anni. Un patrimonio naturalistico dal valore inestimabile da valorizzare grazie alle guide accreditate dei Parchi Nazionali, che accompagnano alla scoperta del territorio.

Grotta della Monaca, uno dei siti minerari preistorici più antichi del continente

Ritorniamo al versante nord della Calabria per addentrarci nella Grotta della Monaca, nella valle del fiume Lao tra i monti dell’Orsomarso, a nord, e la Catena Costiera, a sud. Si tratta di una cavità carsica della quale si parla già nella metà dell’Ottocento, formata da ambienti sotterranei diversi tra loro per morfologia e volume e utilizzata dall’uomo, dal Paleolitico superiore fino all’età post-medievale. Quella che ci appare per prima è la pre-grotta, formata da un ampio imbocco che porta ad uno spazio il cui suolo è caratterizzato da grossi sassi di crollo, mentre nelle aperture si trovano opere artificiali riconducibili a lavori minerari effettuati per estrarre idrossidi di ferro.

Si prosegue poi per la Sala dei pipistrelli, un enorme vuoto sotterraneo lungo 60 metri e largo 30, chiamata così per l’importante presenza di pipistrelli. Alla fine troviamo invece i Cunicoli terminali, formati da ambienti molto limitati ai quali si arriva abbassandosi fino al suolo, a volte strisciando. La più alta presenza umana si verifica tra la tarda età neolitica e gli inizi della successiva età eneolitica, quando venivano estratti minerali di ferro e rame usati per creare utensili da lavoro, impronte di scavo, muretti a secco, elementi che fanno della Grotta della Monaca uno dei siti minerari preistorici più antichi e meglio conservati d’Europa. La cavità è visitabile seguendo tre possibili percorsi, ciascuno dei quali sempre più addentrato nel sottosuolo.

Il ponte del diavolo, il più antico ponte romano d’Italia

Oltre 2000 anni di età ma ancora in perfetto stato di conservazione, dichiarato monumento storico nazionale, ponte romano più antico d’Italia. Il Ponte del diavolo, chiamato anche Ponte di Sant’Angelo o di Annibale,  risale al II secolo a.C. e si trova a Scigliano, paesino in provincia di Cosenza alle pendici della Sila sul fiume Savuto. 

Appartenente alla Via Popilia, la nota strada costruita dai Romani che da Reggio Calabria portava fino a Capua, in Campania, il ponte si presenta con un arco di tufo calcareo proveniente da una vicina cava. Oltre ad essere noto per il suo primato che lo rende il più antico d'Italia in stile romano, il ponte è da sempre protagonista di storie e leggende che lo rendono ancora più affascinante agli occhi dei curiosi e degli amanti delle bellezze che la nostra regione ci offre. Nota è la storia che racconta del passaggio nel 202 a.C. sul ponte del generale cartaginese Annibale, dal quale il ponte prenderebbe uno dei suoi nomi. Inoltre lungo la via in cui si trova, l’11 gennaio 1271 moriva a causa di una caduta da cavallo la regina Isabella d'Aragona, incinta di sei mesi e di ritorno dalle crociate con il marito Filippo, figlio del re di Francia Luigi IX, le cui spoglie sono in parte sepolte nel Duomo di Cosenza.

Il ponte è inoltre conosciuto anche con il nome di Sant’Angelo, che proprio sul ponte era riuscito a sconfiggere il diavolo, il quale preso dalla rabbia diede un calcio al ponte provocando una lesione sulla parete.

Il Codex Purpureus a Rossano

Rimaniamo in provincia di Cosenza, a Rossano, dove troviamo il Codex Purpureus Rossanensis, uno dei più antichi evangeliari esistenti al mondo, impreziosito da miniature di arte bizantina, uno dei capolavori della letteratura evangelica, conservato nel museo diocesano e del Codex. È costituito da 188 fogli di pergamena, ovvero 376 pagine, in cui sono contenuti il Vangelo di Matteo e quasi tutto quello di Marco.

Non è ancora noto il motivo preciso che abbia portato il Codice ad arrivare fino alla città calabrese, probabilmente fu durante la diffusione della cultura bizantina al sud e in Calabria, quando nell’VIII secolo arrivarono da Costantinopoli e dall’Egitto monaci per stabilirsi sui nostri territori. Il dato certo è che risale ad un tempo tra il V e il VI secolo, e secondo alcune tesi potrebbe essere arrivato a Rossano nel X secolo, quando questa divenne diocesi, oppure grazie alla principessa bizantina Teofano, moglie di Ottone II e imperatrice del Sacro Romano Impero, durante il suo arrivo nella città nel 982.

I fogli di pergamena si presentano tinti di colore purpureo - da qui Purpureus -  con discromie molto spesso originarie ma per la maggior parte dovute soprattutto all’umidità.

Le miniature conservate nel codice di Rossano sono 14, di cui 12 raffigurano eventi della vita di Cristo, una fa da titolo alle tavole dei canoni andate perdute, e l’ultima è un ritratto di Marco, che occupa l’intera pagina. 

Il Codex Purpureus Rossanensis è uno delle testimonianze arrivate fino a noi a rivestire un incredibile interesse sia dal punto di vista religioso, che artistico, paleografico e storico, ma anche documentario, oggi riconosciuto come Patrimonio dell’Umanità e inserito nelle liste Unesco, nella Categoria Memory of the Word.