Arroccata sulle pendici dell’Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria, Bova, denominata capitale della Calabria Greca, interessa tre sistemi paesaggistici differenti: il Parco Nazionale dell’Aspromonte, il Parco Antropico della fiumara Amendolea, che ha dato vita nel corso dei secoli alle maggiori modifiche fisico-strutturali del sistema morfologico dell’Area Grecanica, e la fascia costiera.

Il nome potrebbe derivare da una forma latinizzata del termine greco boua, gregge da bous, bue, oppure dal greco medievale che significa fossa da grano, mentre le sue origini sembrerebbero legate ad una regina greca, Oichista, che lasciò l’impronta del suo piede sul punto più alto della rocca che sovrasta il borgo.

Curiosità

Appena arrivati alle porte del paese troverete alcuni tipici negozietti di vecchio stampo, che vi sembreranno messi lì apposta per farvi fare un tuffo nel passato. Ma la cosa che vi lascerà sicuramente stupiti è anche un’altra: in piazza ferrovieri d’Italia è installata una vecchia locomotiva su dei binari. La cosa curiosa, oltre che la sua presenza nel mezzo della piazza, è che a Bova la ferrovia non è mai arrivata. Pare che non sia ancora stata trovata una teoria comune sul cosa simboleggi: per alcuni è dedicata ai ferrovieri che hanno lavorato alla vicina ferrovia ionica; altri sostengono sia invece una memoria di chi dal borgo grecanico se ne sia andato proprio a bordo di un treno, contribuendo così al suo spopolamento.

Storia e cosa vedere a Bova

Diventata colonia della Magna Grecia nel VIII–VI secolo a. C., nei secoli seguenti fu assediata dai Saraceni, dagli Arabi e dai Normanni, e proprio con quest’ultima dominazione Bova entrò nel periodo feudale e divenne contea.

Il rito greco introdotto in Calabria dai monaci basiliani rimase a Bova fino al 1572, quando il Vescovo Stauriano impose quello latino, facendo scomparire ogni traccia del rito Bizantino.

La latinizzazione portò alla graduale scomparsa della lingua greca, che veniva considerata la lingua del popolo, ora purtroppo parlata quasi prevalentemente da persone anziane.

Percorrendo i suoi vicoli in salita, suggestivi tanto da far conquistare al piccolo paese arroccato il titolo di uno dei borghi più belli d’Italia, si arriva alle rovine del Castello Normanno, risalente all’XI secolo. Ma meritano di essere visitati anche Palazzo dei Nesci Sant’Agata, Palazzo del Municipio, il Santuario di San Leo, patrono del borgo, e la Concattedrale di Bova o Cattedrale di Santa Maria dell’Isodia, la quale custodisce opere di rilievo, tra le quali la statua in marmo della Madonna col Bambino, opera del Bonanno del 1584.

Meritano una visita anche la Chiesa dello Spirito Santo e la Chiesa di San Rocco, mentre per un’immersione nella cultura locale da non perdere gli interessanti musei della cittadina: il Museo della Lingua Greco-Calabra, tempio della lingua grecanica, il Museo di Paleontologia e Scienze Naturali dell’Aspromonte ed il Sentiero della Civiltà Contadina, un museo a cielo aperto lungo i vicoli che permette di osservare strumenti antichi e oggetti appartenenti agli usi contadini di un tempo.

Per i più romantici da visitare è sicuramente la grotta degli innamorati: una piccola grotta ai piedi del castello dal quale ammirare un meraviglioso panorama che dà sulla Fiumara dell’Amendolea. 

Gastronomia e artigianato a Bova

Da non trascurare la gastronomia, che richiama i sapori della cucina mediterranea, anche se la sua origine è decisamente grecanica. Piatti tipici sono i maccheroni con il sugo di capra, i cordeddi al sugo, i tagghiarini con i ceci, i ricchi di previti con il pomodoro, la carne di capra alla vutana. Senza dimenticare la tradizione della produzione degli insaccati, che a Bova potete gustare anche accompagnati dalla tipica lestopitta, un impasto di acqua e farina senza lievito che frigge in olio (foto in basso calabriagreca.it).

Negli anni ha rivestito una grande importanza la tessitura popolare: lana, lino, cotone e ginestra fornivano alle tessitrici gli elementi poi lavorati con il telaio a mano per produrre tessuti che, cuciti a gruppi di tre, formavano le coperte vutane. I disegni più comuni risalgono proprio all’epoca bizantina.

Stessa importanza è stata attribuita anche ad un altro tipo di artigianato: la lavorazione del legno. Erano i pastori a dare vitaagli oggetti in legno finemente intarsiati: telai, stampi per dolci, cucchiai, e soprattutto le musulupare, stampi per l’antico formaggio aspromontano chiamato musulupu.