Gli esperti concordi: «Non si può definire come una malattia a trasmissione sessuale. Al momento sappiamo che riguarda i contatti stretti»
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Ad oggi sono almeno 8 i Paesi europei che hanno registrato casi di vaiolo delle scimmie negli ultimi giorni. Lo riferisce l'Oms precisando che si tratta di Belgio, Francia, Germania, Italia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito. Al di là dei Paesi dove il virus è endemico, casi recenti sono stati riportati anche in Australia, Canada e Stati Uniti. I recenti casi di vaiolo delle scimmie in Europa sono «atipici per diverse ragioni», rende noto Hans Kluge, direttore dell'Oms per l'Europa. «In primo luogo - spiega - perché tutti tranne uno di questi casi non hanno relazioni con viaggi in aree dove il vaiolo delle scimmie è endemico, cioè in Africa Occidentale e Centrale. Secondo, perché molti dei casi iniziali sono stati individuati attraverso i servizi di salute sessuale e riguardano uomini che fanno sesso tra uomini. E terzo, per la natura geograficamente dispersiva dei casi in Europa e fuori, questo suggerisce che la trasmissione potrebbe essere in corso da tempo».
Tre i casi confermati in Italia
Salgono intanto a tre i casi confermati in Italia di vaiolo delle scimmie e sono tutti in carico all'Istituto di malattie infettive Spallanzani di Roma. Al caso di ieri se ne aggiungono oggi altri, confermati dalle analisi, e sono correlati al caso zero. Le tre persone contagiate «sono trattate con una terapia sintomatica allo stato sufficiente», comunica lo Spallanzani spiegando che «presso l'Istituto sono disponibili, comunque, farmaci antivirali che potrebbero essere impiegati in via sperimentale qualora si rendesse necessaria una terapia specifica». «Primo messaggio da dare: nessun allarme. Situazione da tenere sotto controllo ma non desta allarme», afferma il direttore generale dello Spallanzani, Francesco Vaia in merito ai casi di vaiolo delle scimmie. E ancora: «La prossima settimana il nostro laboratorio di virologia prevede di isolare il virus che ha colpito queste persone».
Gli studi allo Spallanzani
La disponibilità di «un isolato virale renderà possibile eseguire una serie di indagini sperimentali: si potrà studiare se nel sangue di persone che sono state vaccinate contro il vaiolo, persone che oggi hanno più di 50 anni, sono presenti anticorpi che neutralizzano questo virus e cellule immunitarie in grado di attaccarlo -ha detto Vaia- L'isolamento virale permetterà di eseguire test per la diagnosi sierologica di questa infezione». Su chi è già stato vaccinato contro il vaiolo ha aggiunto: «Non dovrebbe correre nessun rischio. Da qui a dire: vacciniamoci tutti in questo momento, ce ne corre. Se ci saranno le evidenze e se ci saranno le esigenze saremo i primi a dirlo». Sulla stessa scia, gli altri esperti dell’istituto romano: «La trasmissione uomo-uomo caratterizza buona parte dei casi riscontrati. Non si può definire come una malattia a trasmissione sessuale e che riguarda in particolare gli omosessuali. Al momento – concludono - sappiamo che riguarda i contatti stretti».