Alessandro Sandrini, rapito al confine tra Siria e Turchia nel 2016 durante un viaggio, è stato liberato dal ‘governo di Salvezza’, gruppo antigovernativo della zona di Idlib. Lo annunciano le stesse forze pubblicando le foto del giovane di 32 anni sui social e affermando che il bresciano era nelle mani di una banda criminale. Anche se al momento non ci sono conferme ufficiali da parte di Palazzo Chigi, il padre del tretaduenne, Gianfranco Sandrini ha dichiarato alla stampa: «Confermo, mio figlio è libero si trova ancora in Siria ma nelle mani dei nostri carabinieri». «Sono felicissimo - ha riferito continuato il genitore  - è la fine di un incubo. Adesso sto andando a Roma, spero di potergli parlare al telefono stanotte».

La notizia della sua liberazione è arrivata dal ministero dell'Interno della Salvezza (guidata dal gruppo salafita Jabhat al-Nusra ) il quale ha dichiarato che la polizia ha agito dopo aver ricevuto informazioni su un ostaggio straniero rapito da una banda criminale specializzata in rapimenti e furti. Per la sicurezza dell'ostaggio, continua la dichiarazione, la polizia ha negoziato la sua liberazione attraverso dei mediatori e quindi avrebbe contattato il governo italiano per la consegna.

 

Sequestrato durante un viaggio

Alessandro Sandrini, bresciano di Folzano, 32 anni, manca da casa dal 3 ottobre 2016, quando sale su un volo che da Orio al Serio, via Istanbul, lo porta ad Adana, cittadina turca a 180 chilometri da Aleppo. «Vado per una vacanza», dice alla famiglia. Sarebbe dovuto tornare in Italia il 10 ottobre, una settimana dopo la partenza, ma la fidanzata che lo aspetta all'aeroporto di Bergamo non lo vede arrivare. Scatta la denuncia e il silenzio dura un anno. 

 

«Vogliono soldi, salvatemi»

Sandrini torna a dare segnali di vita infatti solo il 17 ottobre 2017, quando telefona alla madre Evelina da un numero di una compagnia telefonica attiva sul web. «Ciao mamma, è un anno che manco da casa e so che mi stai cercando. Non so dove sono, mi hanno sequestrato. Ti prego aiutami», dice. Il 3 dicembre successivo chiama una seconda volta: «Vogliono i soldi, qui non scherzano», racconta. Il 22 dicembre la terza chiamata: «Sono in una stanza tre metri per tre», riferisce sempre alla madre. Il 21 gennaio 2018 durante la quarta telefonata si sfoga: «Lo Stato italiano non sta facendo nulla. Mi vogliono far morire qui».

Dalle telefonate si passa ai video e due registrazioni finiscono nel fascicolo della Procura di Brescia che, con i magistrati di Roma, indaga sulla vicenda. Nelle immagini del 19 luglio, pubblicate in rete, Sandrini indossa una tuta arancione e ha alle spalle due uomini armati. «Sono due anni che sono in carcere e non ce la faccio più, sono stanco dentro. Chiedo all'Italia di chiudere questa situazione in tempi veloci perché hanno detto chiaramente che sono stufi, che mi uccideranno se la cosa non si risolve in tempi brevi e io chiedo di aiutarmi», dice nel video il bresciano.

 

In Italia l'attende la Giustizia

Nel frattempo, nell'ultimo anno il nome di Alessandro Sandrini è comparso due volte tra gli imputati in tribunale a Brescia. In un processo per rapina e ricettazione per aver tentato di vendere a cinesi dei tablet rubati da un fast food a Desenzano del Garda e per una rapina che avrebbe messo a segno prima dell'ottobre 2016.