La Corte suprema ha ritenuto legittima la decisione presa nel dicembre 2017 dall'adunanza plenaria del Consiglio di Stato contro i 27 insegnanti che si erano appellati
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La Cassazione ha deciso. I diplomati magistrali sono fuori dalle graduatorie a esaurimento.
A sancirlo le sezioni unite civili della Suprema Corte, che hanno valutato inammissibile il ricorso presentato da 27 persone, tutte in possesso del diploma magistrale conseguito entro l'anno 2001/2002.
Per i giudici della Cassazione risulta, dunque, legittima la decisione presa nel dicembre 2017 dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che aveva respinto i ricorsi contro il decreto con cui il ministero dell'Istruzione, nel 2014, aveva aggiornato tali graduatorie senza prevedere la possibilità per questi diplomati di essere inseriti.
I magistrati non hanno infatti ravvisato alcun ‘abuso di potere giurisdizionale’ da parte del tribunale amministrativo, come invece contestato dai ricorrenti.
Nell’ordinanza rilasciata dalle sezioni unite si legge, infatti, che «non è ravvisabile alcun superamento da parte del giudice amministrativo dei limiti interni della giurisdizione, sia con riferimento all'esame delle eccezioni di decadenza, sia in relazione all'affermata insussistenza dei diritto dei ricorrenti ad essere inseriti nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento».
Per la Suprema Corte è, dunque, legittimo «l'operato amministrativo ove ha negato ai ricorrenti l'inserimento nella terza fascia delle graduatorie (graduatoria permanente che permette l'immissione in ruolo per scorrimento) pur essendo invece consentito agli stessi di essere inseriti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto che permettono, comunque, di svolgere l'attività di insegnamento con il solo diploma».
Una sentenza, quella di oggi, che avrà ripercussioni importanti su migliaia di diplomati magistrali.
Va ricordato, comunque, che questa decisione della Suprema Corte non riguarda i docenti con sentenze passate in giudicato e coloro i quali abbiano giudizi del Tar che non hanno superato i sei mesi di tempo per l’impugnazione.