Scopre di essere incinto di cinque mesi mentre è in atto la sua transizione per il cambio di sesso. A raccontarlo è "Repubblica", che riporta un caso raro che sta creando apprensione anche tra i medici che seguono Marco (nome di fantasia), un giovane di Roma.

Il timore maggiore è legato alle terapie ormonali che potrebbero aver creato danni al feto. Da sempre Marco non si riconosceva nel suo corpo di donna, un disagio certificato dall’accertamento della disforia, condizione psicologica caratterizzata da una intensa e persistente sofferenza causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal proprio sesso. Così ha intrapreso il lungo percorso di transizione, assumendo progressivamente sembianze maschili finalmente conformi alla sua reale identità.

Un iter che è già passato attraverso un intervento di mastectomia e la rettifica anagrafica autorizzata dal Tribunale per il cambio di nome sui documenti. È arrivato così l’ultimo step da affrontare per completare la transizione: l'isterectomia, cioè l'asportazione dell'utero. Durante gli esami e le visite prima dell’intervento, la scoperta di essere incinto.

Giulia Senofonte, endocrinologa romana esperta di percorsi di terapia gender affirming, ha spiegato a "Repubblica" le implicazioni del caso: «Una volta scoperta la gravidanza, la prima cosa da fare è sospendere immediatamente la terapia. Se l'interruzione non è stata immediata, possono esserci conseguenze soprattutto nel primo trimestre, momento delicato per l'organogenesi del nascituro. È difficile ragionare in astratto: dipende tutto dalla tempistica di sospensione e dal dosaggio di testosterone che la persona sta assumendo».

I rischi per Marco sono invece «dovuti alla combinazione di valori elevati di entrambi gli steroidi sessuali (testosterone ed estrogeni) con ripercussioni sulla salute generale ad esempio sullo stato coagulativo, l'ipertensione arteriosa e così via».