La giornalista e scrittrice palestinese, Rula Jebreal, sul palco dell’Ariston ha commosso tutti con il suo monologo contro la violenza sulle donne: «Non dobbiamo più avere paura, noi donne vogliamo essere libere nello spazio e nel tempo, essere silenzio e rumore e musica».

 

Il discorso, ripreso da tutte le testate giornalistiche, è un urlo che smuove le coscienze. Rula invita a denunciare e racconta il dramma della madre morta suicida a seguito di uno stupro. Lo fa alternando alle sue parole le canzoni di Franco Battiato, Vasco Rossi e Francesco De Gregori. Testi scritti da uomini che dimostrano che è «possibile trovare le parole giuste per raccontare l'affetto, il rispetto e la cura».

Un assolo drammatico

Il monologo della Jebreal inizia con le domande più frequenti rivolte alle donne vittime di violenza nelle aule di tribunale: «Aveva la biancheria intima quella sera?», «si ricorda di aver cercato su internet il nome di un anticoncezionale quella mattina? », «trova sexy gli uomini con i jeans?».

Lo scopo? Denunciare «una verità amara, crudele: noi donne non siamo mai innocenti, perché abbiamo denunciato troppo tardi o troppo presto, perché siamo troppo belle o troppo brutte, insomma ce la siamo voluta», ha spiegato.

Poi snocciola una serie di dati che mostrano il quadro di una dura realtà: «Negli ultimi tre anni 3 milioni 150mila donne sono state vittime di violenze sessuali sul posto di lavoro, negli ultimi due anni 88 donne al giorno hanno subito abusi e violenze, una ogni 15 minuti, ogni tre giorni viene uccisa una donna, sei donne sono state ammazzate solo la scorsa settimana. E nell'80 per cento dei casi il carnefice non ha bisogno di bussare, ha le chiavi di casa».

«Mia madre stuprata e brutalizzata due volte»

La giornalista 46enne ha deciso di raccontare su quel palco, che da sempre è simbolo di musica e del bel canto italiano, il suo doloroso passato. Soprattutto ha deciso di parlare della morte della madre : «Sono cresciuta in un orfanotrofio, insieme a centinaia di bambine: la sera ci raccontavamo le nostre storie tristi, che toglievano il sonno. Erano le storie delle nostre mamme: stuprate, uccise». E continua: «Mia madre Zakia, che tutti chiamavano Nadia, ha perso il suo ultimo treno quando io avevo 5 anni. Si è suicidata, dandosi fuoco, il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi, era stato la sua tortura. Perché mia madre fu stuprata e brutalizzata due volte: a 13 anni da un uomo e poi dal sistema che l’ha costretta al silenzio, che non le ha consentito di denunciare».

L'appello agli uomini: «Indignatevi con noi»

Infine, l'invito alle donne. «È necessario parlare, il senso in fondo è nelle parole giuste e nelle domande giuste». E agli uomini dice: «Lasciateci essere quello che siamo e quello che vogliamo essere, siate nostri complici, nostri compagni, indignatevi con noi».

Le reazioni social dopo il monologo di Rula

Le parole di Rula Jebreal hanno fatto emozionare buona parte del pubblico presente al Festival di Sanremo. Ma non solo. Anche sui social network gli utenti sono rimasti colpiti: su Twitter, l'hashtag #RulaJebreal sta spopolando. Migliaia  di utenti hanno voluto esprimere tutta la loro vicinanza alla scrittrice palestinese: «Un pugno nello stomaco, di quelli che fanno bene», commenta qualcuno. «Avere coraggio significa aprire il Festival di Sanremo con il monologo della Jebreal, non inserirlo a mezzanotte», afferma un altro.