La Cassazione ha definito illegittimo l'ordine di esecuzione del suo arresto effettuato a settembre dello scorso anno mentre si trovava a Lamezia
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Ha lasciato il penitenziario di Catanzaro mercoledì sera. A poco meno di un anno dalla sua carcerazione, Salvatore Buzzi, ras delle coop romane e figura centrale della maxi indagine "Mondo di mezzo", è un uomo libero. La scarcerazione è legata ad un provvedimento della Cassazione che ha definito illegittimo l'ordine di esecuzione del suo arresto che era stato effettuato il 30 settembre dello scorso anno. Per gli ermellini la permanenza in cella di Buzzi era, di fatto, illegittima e l'ordine di esecuzione era stato eseguito «senza titolo».
In base alla decisione della Cassazione, la corte d'appello di Roma e la Procura generale hanno deciso la scarcerazione del condannato. I difensori hanno ora circa 30 giorni di tempo per chiedere al tribunale di sorveglianza della Capitale l'esecuzione della pena con la misura alternativa dell'affidamento terapeutico. Buzzi deve ancora scontare, infatti, circa cinque anni.
Per lui le manette erano scattate mentre si trovava a Lamezia Terme ospite della cooperativa sociale "Malgrado tutto". «Salvatore sta bene, pur avendo diversi problemi di salute – ha riferito Umberto Baccolo, membro del direttivo dell'associazione nazionale "Nessuno tocchi Caino", intervistato dal quotidiano L'Identità –. Anche in questo caso chiediamo che innanzitutto si tenga conto di una persona anziana e non di un passato, su cui sta già lavorando la magistratura. Chi è garantista lo deve essere anche in questo caso. Siamo certi che alla fine la giustizia avrà il sopravvento».
Per la vicenda Mondo di mezzo, Buzzi è stato condannato in via definitiva a 12 anni e dieci mesi dopo la sentenza che la Cassazione ha confermato quanto stabilito dalla Corte d'appello della Capitale nel marzo del 2021. Nel settembre dello scorso anno i supremi giudici hanno, quindi, scritto la parola fine sulla vicenda giudiziaria che oltre a Buzzi ha avuto l'ex Nar, Massimo Carminati, come figura-chiave. Secondo l'impianto accusatorio dei pm di Roma, l'ex numero uno delle coop capitoline ha avuto un ruolo apicale nell'organizzazione criminale che ha contributo «nel pesante e grave inquinamento della cosa pubblica» con il «disinteresse per i controlli pubblici» e «il ribaltamento della logica del mondo delle cooperative».