Dalle prime informazioni, i ristretti si sarebbero rifiutati di tornare nelle celle. Il segretario generale Uilpa De Fazio: «È uno dei penitenziari più sovraffollati d'Italia»
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Disordini nella serata di ieri nel carcere romano di Regina Coeli. Dalle prime informazioni, sembra che alcuni detenuti dell'ottava sezione si siano rifiuti di tornare in cella e per protesta abbiano dato fuoco ad alcuni materassi. La situazione sarebbe poi tornata sotto controllo.
«Da quanto apprendiamo ancora in maniera molto sommaria, sono divampati disordini presso l'ottava sezione del carcere romano di Regina Coeli, dove sono reclusi un centinaio di detenuti circa. Sarebbero peraltro state fatte esplodere alcune bombolette dei fornelli da campeggio comunemente in uso per cucinare e preparare vivande e sarebbe in corso la vandalizzazione degli ambienti». Lo afferma Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria.
«Con 1.170 detenuti a fronte di 626 posti disponibili e il 184% di surplus di detenuti, Regina Coeli è uno dei penitenziari più sovraffollati del Paese a cui fa da contraltare una voragine negli organici del Corpo di polizia penitenziaria con 350 agenti in servizio quando ne servirebbero 709. Basti pensare che di sera gli agenti impiegati sono normalmente meno di 20 in totale. D'altronde, a livello nazionale sono 15mila i reclusi oltre i posti disponibili e 18mila le unità mancanti alla Polizia penitenziaria. A questo si aggiungano strutture fatiscenti, dotazioni inadeguate, carenze nell'assistenza sanitaria e psichiatrica e approssimazione organizzativa e il quadro che ne emerge è autodescrittivamente desolante. A pagarne le spese ristretti e operatori con questi ultimi esposti ad aggressioni continue (oltre 2.700 nell'anno) e sottoposti a turnazioni massacranti con la compressione dei più elementari diritti anche di rango costituzionale».
«Confidiamo che il reparto del corpo di polizia penitenziaria, la cui professionalità e dedizione è ampiamente riconosciuta, con l'apporto di unità libere dal servizio e appositamente richiamate, possa far rientrare anche questi ennesimi disordini senza conseguenze irreparabili. Ma appare evidente che, con le tensioni continue e le ripetute intemperanze che si registrano dal nord al sud del Paese, non potrà andare sempre così e che in ogni caso tutto ciò non è accettabile per un paese che voglia dirsi civile. Servono urgentissime misure in grado di stabilire condizioni minime di vivibilità, operatività e sicurezza nelle prigioni e che, palesemente, non possono passare solo per l'improbabile repressione, ma che devono puntare soprattutto sulla prevenzione».