L'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si è avvalso della facoltà di non rispondere nel processo d'appello per la trattativa Stato-mafia, in corso nell'aula bunker dell'Ucciardone di Palermo, che vede coinvolto l'ex senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri: collaboratore e amico dell'imprenditore ai tempi della Fininvest e Forza Italia. I legali del Cavaliere hanno chiesto che Berlusconi non fosse inquadrato da telecamere e fotografi in aula. La deposizione era stata richiesta dalla difesa di Dell’Utri, istanza poi sostenuta anche dall’accusa.

La Corte boccia la richiesta della difesa

L’ex premier esordisce davanti la Corte d’appello, in qualità di testimone assistito, con un «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere», precisando che lo fa su «indicazione dei suoi avvocati» Nicolò Ghedini e Franco Coppi. Poi lascia l'aula e si allontana con il corteo di auto blu. Il silenzio era una mossa attesa e già anticipata dall’ex premier, al punto che inizio udienza l'avvocato di Dell'Utri, Francesco Centonze, ha chiesto alla Corte di acquisire una precedente dichiarazione di Berlusconi rilasciata durante una conferenza stampa il 20 aprile 2018, dopo la condanna di primo grado, a 12 anni, di Dell'Utri. «In quella occasione disse che il governo Berlusconi, nel 1994 o anche successivamente, non aveva mai ricevuto alcuna minaccia dalla mafia o dai suoi rappresentanti. È una dichiarazione che andrebbe proiettata in aula, magari anche prima dell’audizione del testimone». Richiesta bocciata dalla procura generale: «Noi siamo in uno studio Tv», dicono Giuseppe Fici e Sergio Barbiera. Anche la corte boccia l'istanza: «Il documento è stato già acquisito agli atti, come dice la Cassazione non è necessario che la proiezione avvenga nel contraddittorio delle parti».

La delusione di Dell’Utri

Dell’Utri si aspettava che Berlusconi smentisse l’assunto su cui si fonda la condanna di primo grado del processo “Trattativa”: di aver ricevuto per il suo tramite le minacce di Cosa nostra quando era presidente del Consiglio, nel 1994. Minacce di nuove stragi, i boss puntavano ad ottenere un alleggerimento del carcere duro e una legislazione più favorevole.

 

In aula era assente Dell'Utri, che si trova ai domiciliari in attesa di finire di scontare la pena per concorso esterno in associazione mafiosa. Mentre in primo grado nel processo trattativa era stato condannato a 12 anni di carcere. È rimasto nella sua casa di Milano con la moglie Miranda Ratti. Era stata lei, quando si era saputo che Berlusconi non avrebbe risposto ai giudici, a dichiarare all'Adnkronos il 24 settembre scorso: «È meglio che non parlo, meglio che non dico quello che penso. Ricordo solo che la testimonianza di Berlusconi era stata ritenuta decisiva persino dalla Corte di assise d'appello di Palermo. Qui c'è la vita di Marcello in gioco». E oggi Berlusconi ha ufficializzato il silenzio annunciato.

 

«Sorpresa, rabbia, incredulità », le parole dell’entourage di Dell’Utri. E dire che fino a due anni fa Berlusconi faceva cospicui regali alla famiglia dell’amico-socio in carcere: fra il novembre 2016 e il febbraio 2017, sono arrivati bonifici per tre milioni di euro. Causale, “prestiti infruttiferi”. Operazioni che hanno fatto scattare una segnalazione alla Guardia di dinanza da parte dell’Uif, l’unità antiriciclaggio della Banca d’Italia. E, ora, sul tesoro di Dell’Utri vuole fare chiarezza anche la procura di Palermo.