La campagna voluta dal ministero del Turismo è costata 9 milioni di euro, ma la protagonista era sparita dai social dallo scorso giugno, in piena stagione turistica. Il Tribunale contabile vuole vederci chiaro e ipotizza il danno erariale
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Pare che sia andata in ferie anche lei, la Venere influencer, quella che doveva mostrare al mondo le bellezze dell'Italia e invece è sparita dai social per tutta l'estate. La creatura voluta dal ministro del Turismo Daniela Santanchè, la Venere di Botticelli senza pancetta, con il viso più fine e giovane, che si faceva i selfie in giro per l’Italia, ha pubblicato l’ultimo post su Instagram a fine giugno e poi il buio.
Una campagna pubblicitaria costata 9 milioni di euro
«Seguitemi, sarà un viaggio entusiasmante. Promesso!» diceva prima di scomparire, la protagonista della campagna del Ministero del Turismo costata circa 9 milioni di euro.
Secondo il ministero è stata «una scelta ponderata», che nulla ha a che fare con i presunti problemi con l’agenzia Armando Testa che ha creato la campagna, famosa più per gli sfottò sui social che per il suo valore.
Poi Venere è tornata: «Ciao! So che vi sono mancata, mi fa piacere che vi siate preoccupati così tanto di me - ironizza l’agenzia, che scrive il post in cui l’influencer digitale si ritrae davanti ai cartelloni pubblicitari di Open to Meraviglia negli aeroporti di tutto il mondo - Ecco la verità: avevo promesso di portare le bellezze della nostra Italia in giro per il mondo e così ho fatto. Perché quando si ama davvero qualcosa, si desidera condividerla con il mondo intero».
Solo che la Venere di Santanchè non ha condiviso un bel niente e proprio nel bel mezzo della stagione turistica, nell’annus horribilis che ha segnato -30% di presenze in Italia, sulle sue pagine social non c’era traccia di lei.
L'ipotesi di sperpero di denaro pubblico
Ora è tornata, ma solo dopo che la Corte dei Conti l’ha messa sotto inchiesta. Eccola ricomparire, a poche ore di distanza dal momento in cui si è venuto a sapere che il procuratore regionale del Lazio Pio Silvestri ha avviato un’istruttoria con l’ipotesi del danno erariale e presto verranno chieste spiegazioni direttamente al Ministero del Turismo.
Come racconta Repubblica, la decisione di mettere sotto inchiesta Open to Meraviglia non nascerebbe da denunce presentate da associazioni come il Codacons o da partiti come +Europa, che avevano sollevato la questione dello spreco di denaro pubblico, ma dalle notizie circolate sui media.
Ancora Repubblica riporta che la sola ideazione della campagna (esclusa la distribuzione) è costata alle casse dello Stato oltre mezzo milione di euro, e non i 138 mila come si era detto finora. La commessa, infatti, è stata suddivisa in quattro affidamenti diretti, di soli 2 mila euro al di sotto della soglia per cui è necessaria la gara d’appalto.
La campagna della discordia
Ma l’inchiesta è solo l’ultimo dei fallimenti di una campagna nata sotto una cattiva stella. Si è scoperto presto che alcune riprese dello spot costato 180 mila euro, che doveva mostrare le bellezze del Belpaese, sono state girate in Slovenia, che le traduzioni nelle altre lingue erano piene di errori da ridere, con Camerino che diventava Garderobe (guardaroba) e Brindisi che diventava Toast, come quello che si fa facendo toccare i bicchieri per festeggiare.
Ma non c’era proprio niente per cui brindare al Ministero, che continuava a lodare i numeri che la campagna stava facendo sui social nonostante fosse evidente che i follower fossero stati comprati e migliaia di commenti entusiasti fossero palesemente falsi.