Dai tabulati telefonici emergono dettagli che potrebbero rivelarsi decisivi per risolvere l'omicidio di Luca Sacchi, ucciso la sera del 23 ottobre a Roma con un colpo di pistola alla testa, davanti alla compagna Anastasia Kylemnyk. Come rivela Il Messaggero, prima ancora degli intermediari mandati da Valerio Del Grosso - esecutore materiale dell'omicidio - a verificare che ci fossero i soldi nello zaino della ragazza, è stata almeno un'altra figura, considerata chiave dietro all'omicidio. Una figura che secondo gli investigatori ha avuto il ruolo di tramite tra i venditori e gli acquirenti della partita di marijuana da cui è scaturita la tragedia. La persona in questione si chiama Giovanni Princi ed è un amico della vittima: ha precedenti per droga e Luca Sacchi andava a scuola con lui. I due avevano riallacciato i rapporti da poco tempo. Insomma, dai tabulati emerge che è proprio Princi che dovrebbe aver scambiato alcune chiamate con Paolo Pirino, l'altro arrestato, nei giorni precedenti la compravendita di droga, finita con la rapina e l'omicidio.

 

Gli inquirenti non escludono che dagli elenchi possa emergere anche il numero di telefono di Anastasiya, la quale, secondo quanto messo a verbale dai legali di Valerio Del Grosso, avrebbe messo proprio nelle mani di Pirino, poche ore prima della rapina, lo zaino pieno di banconote da mostrare come «prova» dirimente per far arrivare poi la droga da San Basilio all'Appio Latino. A garantirlo è lo stesso Del Grosso: arriva in via Latina poco dopo le 21:30 del 23 ottobre e si mette a parlare con Princi di «erba», dicendogli poi che sarebbe andato a prenderla per portarla sul posto.

Poco chiaro il ruolo di Anastasiya

Tra i tanti lati oscuri della vicenda resta il ruolo di Anastasia, la quale sarà riascoltata in Procura, in questi giorni, insieme ad altri testimoni. La ragazza ucraina dopo aver smentito di possedere del denaro (ai carabinieri disse di avere con sé non più di 200 euro), si è trincerata in un totale silenzio. Anastasia avrebbe avuto con sé una cifra di denaro irragionevole per acquistare marijuana a uso personale, alcune migliaia di euro (sull'entità della somma non è stata ancora fatta chiarezza). Da quanto riferito dagli intermediari, la ragazza avrebbe avuto il ruolo di "tesoriere", forse per conto di qualcuno intenzionato ad avviare un mercato di stupefacenti alternativo a quello gestito dai clan ai quali corrispondevano Del Grosso e Pirino.

 

I due killer, secondo gli inquirenti, sarebbero legati a una rete criminale superiore che ha garantito loro lo stupefacente da spacciare e probabilmente anche il revolver impugnato da Del Grosso e usato per uccidere Sacchi. Le indagini dovranno spiegare per conto di chi Del Grosso e Pirino facevano i corrieri e perché i due, dopo la rapina-omicidio, si sono sbarazzati dello zaino (vuoto) di Anastasia e del tamburo della pistola a Tor Bella Monaca, tra le sterpaglie nei pressi dell'imbocco del Grande Raccordo anulare. 

Il papà di Luca: «Forse si fidava troppo»

«Luca vedeva tutti buoni, io gli dicevo di stare attento, di non fidarsi, di guadare anche il fratello più piccolo, Federico. Non so, cosa sia successo; forse si fidava troppo dell'altra gente». A parlare è Alfonso Sacchi, papà di Luca, il 24enne ucciso con un colpo di pistola a Roma. Ieri ha deciso di rompere il silenzio, a una settimana dall'omicidio del figlio di cui si fidava «ciecamente». «Era un ragazzo cristallino», dice tra le lacrime.

 

«Se c'era da aiutare qualcuno lo aiutava, perfino se vedeva un gattino in strada rientrava per prendergli qualcosa da mangiare. Era un ragazzo pulito, si vedeva anche dal viso», ha aggiunto sottolineando come Luca fosse «uno sportivo. E un atleta non va in giro con la droga o con le armi in tasca». «Era attento pure a cosa mangiava, mi chiedeva di andare a correre con lui perché ho la pressione alta, beveva solo acqua liscia a temperatura ambiente, perfino il fumo delle sigarette elettroniche che Anastasia fumava gli dava fastidio», racconta spiegando anche il perché hanno deciso di donare gli organi del 24enne: «Perché Luca voleva sempre fare del bene».