Poche luci e tante ombre avvolgono ancora l’atroce delitto di Luca Sacchi, il 24enne ucciso alla Caffarella, a Roma, con un colpo di pistola alla testa lo scorso 23 ottobre. Anastasia Kylemnyk, la fidanzata della vittima, continua ancora a prendere le distanze del delitto in quanto non ha mai spiegato nei dettagli, agli inquirenti, cosa sia accaduto quella sera in cui Luca venne ucciso. Per questo Alfonso Sacchi crede che possa nascondere qualcosa, «visti i suoi comportamenti».

 

La procura sta stringendo il cerchio attorno ad Anastasiya e non è escluso che la sua posizione potrebbe subire, già in settimana, un aggravamento. In particolare si vuole capire se la ragazza avesse legami con gli spacciatori presenti con Luca nel “John Cabot Pub” di via Mommsen.

«Perché mio figlio è morto?»

In un’intervista al Messaggero il padre di Luca è tormentato da una sola e unica domanda: «Perché mio figlio è morto?». Ad Alfonso Sacchi non basta sapere che fu Valerio Del Grosso, il pasticcere 21enne di Casal Monastero, a premere il grilletto quella notte maledetta. Non gli basta che Del Grosso e il suo complice Paolo Pirino siano in carcere accusati di omicidio. L'uomo è convinto che Anastasiya sappia molto di più di quello che è emerso finora dalle sue parole. Nello zainetto della ragazza, dicono gli intermediari di Del Grosso, c'erano i soldi per acquistare marijuana o cocaina. «Perché lei non spiega i dubbi su quei soldi

 

E poi c'era Giovanni Princi, ex compagno di scuola di Luca. «Se fosse stato un amico si sarebbe dovuto comportare diversamente», dice di lui il padre di Luca. Alfonso Sacchi non cerca colpevoli morali ma vuole capire se suo figlio era innocente o se era coinvolto in una presunta trattativa per comprare droga. Perché Princi, si chiede Sacchi, dopo che Luca era stato colpito, andò a spostare l'auto di Anastasia, mentre il suo amico era ferito? Doveva nascondere qualcosa? E poi c'è l'iniezione, fatta dallo stesso Alfonso, al figlio quella sera: un antidolorifico per il dolore alla schiena. Poi però Luca era uscito ugualmente con Anastasiya, dopo aver ricevuto una telefonata. «Mia moglie mi disse che sarebbe tornato di lì a poco. Ogni tanto lui e Anastasiya prima di cena si vedevano per un aperitivo».

Anastasiya non era con Luca al momento del delitto

La badante ucraina di 25 anni fino ad ora si è sempre dichiarata parte lesa nella rapina. Nel suo racconto, in qualità di testimone informata sui fatti, la ragazza ha sempre affermato che insieme al fidanzato erano stati vittime di una rapina finita male e che nello zaino c’erano poche centinaia di euro e di non aver svolto mai nessun ruolo nella “cricca” di spacciatori che frequentavano il pub e che avevano contatti con i narcos di San Basilio e Tor Bella Monaca.

 

Per gli investigatori la ragazza ha mentito. Starebbe coprendo qualcuno che dopo l’omicidio si sarebbe allontanato. Nello zainetto che Valerio del Grosso e Paolo Pirino hanno portato via dopo l’omicidio c’erano sessantamila euro. L’ingente somma, di cui si è persa traccia, sarebbe serviva ad acquistare una partita di cocaina da una piazza di spaccio di via dell’ Archeologia, gestita da capi clan senza scrupoli che avrebbero anche armato con un revolver 357 magnum la mano di del Grosso. Il movente dell’ omicidio, secondo gli inquirenti, va ricercato in un raggiro che la comitiva, di cui faceva parte anche Luca Sacchi, avrebbe orchestrato ai grossisti di droga qualche ora prima in via Latina. Luca Sacchi era quindi all’ oscuro o quasi dei traffici di droga che il suo ex compagno di classe, Giovanni Princi ed Anastasiya facevano alle sue spalle.