Passano da 22 a 19, chi proviene da tali territori non avrebbe validi motivi per chiedere asilo altrove
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Il Consiglio dei ministri ha dato via libera ieri sera al decreto legge sui Paesi sicuri che mira a 'blindare' gli hotspot in Albania dopo l'annullamento dei primi respingimenti deciso dalla magistratura. La misura 'trasla' l'elenco dei 22 Paesi considerati sicuri dal decreto interministeriale della Farnesina, l'Interno alla Giustizia, a un decreto ad hoc, con l'obiettivo di renderlo norma primaria. I cittadini provenienti dai Paesi sicuri, in cui non sono presenti persecuzioni o conflitti, non avrebbero validi motivi per chiedere asilo altrove.
«Il testo - si legge nel comunicato finale del Consiglio dei ministri - analogamente a quanto previsto da altri Paesi europei, aggiorna con atto avente forza di legge l'elenco dei Paesi di origine sicuri. Tenuto conto dei criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea e dei riscontri rinvenuti dalle fonti di informazione fornite dalle organizzazioni internazionali competenti, sono considerati come Paesi di origine sicuri i seguenti: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d'Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia».
In particolare, sono stati rimossi i Paesi rispetto ai quali erano previste «eccezioni di carattere territoriale» (Camerun, Colombia e Nigeria).
Le parole dei ministri
«Il decreto riassume in legge di fonte primaria l'indicazione dei Paesi sicuri, si tratta di un elencazione che riguarda 19 Paesi sugli originari 22. Abbiamo escluso il Camerun, la Colombia e la Nigeria», ha detto il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi in conferenza stampa. «Questa normativa serve non per valutare il singolo caso ma per creare un'accelerazione in termini di tempo», ha aggiunto. «Vogliamo ottemperare a un altro obiettivo ovvero fare in modo che il ricorso al meccanismo di richiesta di protezione internazionale e diritto di asilo non sia strumentalizzato per eludere il sistema delle espulsioni».
Quella della Corte di Giustizia Europea è una «sentenza molto complessa e articolata e molto probabilmente non è stata ben compresa», dai giudici del Tribunale di Roma, ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio.
«Il giudice può disapplicare un atto amministrativo se lo ritiene illegittimo ma lo può fare incidenter tantum, senza abrogarlo. Semplicemente non lo applica. Questo non vale per la fonte primaria, nel momento in cui un elenco di Paesi sicuri viene inserito in una legge il giudice non può disapplicare la legge», ha aggiunto Nordio affermando che «il giudice, se ritiene che la legge sia incostituzionale, può fare ricorso alla Corte, quindi tenderei a escludere che possa disapplicarla».
«Se leggiamo i provvedimenti del Tribunale di Roma di qualche giorno fa, e lo dico senza polemica, il meccanismo dei rimpatri semplicemente non esiste più e dovremmo rendere conto in sede europea del perché non tuteliamo i nostri confini, che sono confini europei», ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.
Quella della Corte di Giustizia Ue «è una sentenza complessa, che peraltro trae spunto da una vicenda particolare, riesce difficile, come alcuni magistrati hanno sostenuto», che si tratti di una norma perché «non lo è, ma è un'interpretazione», ha aggiunto Mantovano. Definirlo «è frutto di una procedura complessa, politico e amministrativo, che tiene conto di valutazioni all'interno dello stesso Paese». «Perché dico questo - ha chiarito -: massimo rispetto del governo per il ruolo della magistratura, istituzione fondamentale, ma ci sono competenze che riguardano ciascuna istituzione», quella di definire i Paesi sicuri «compete in prima battuta il governo», poi il confronto «col Parlamento».
«L'elenco dei Paesi sicuri non è qualcosa di apodittico ma di meditato», ha detto ancora Mantovano, che a più riprese ha allontanato lo spettro di uno scontro in atto con la magistratura. Il dl approvato «non vuole capovolgere nulla, tiene conto della sentenza della Corte di giustizia europea e si inserisce a livello normativo».