A pesare secondo l'organizzazione Reporter Senza Frontiere sono la legge bavaglio voluta dal Governo Meloni e la possibile vendita dell'agenzia di stampa Agi al gruppo del deputato Angelucci. Altro problema le minacce della criminalità organizzata, soprattutto al Sud
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Cinque posizioni in meno in un solo anno: l'Italia scivola da 41esimo al 46esimo posto nella classifica sulla libertà di stampa del 2024 stilata da Reporter Senza Frontiere. Sul podio Norvegia, Danimarca e Svezia; in fondo Afghanistan, Siria ed Eritrea che si piazza ultimissima su 180 Paesi (l'anno scorso al suo posto c'era la Corea del Nord).
L'Italia dal canto suo esce dalla zona gialla (soddisfacente) della graduatoria ed entra in quella arancione (problematica), sorpassata da numerose nazioni del cosiddetto Terzo mondo. Solo l'anno scorso, nel 2023, erano state ben 17 le posizioni recuperate rispetto al 2022, quando si era classificata al 58esimo posto.
Ma la "festa" è durata poco ed ecco l'Italia con i suoi organi di informazione piombare di nuovo giù. Una brutta notizia nel giorno in cui, oggi 3 maggio, si celebra la Giornata mondiale della libertà di stampa. Ma perché l'Italia ha perso cinque posizioni nel 2024? Tra le motivazioni addotte dall'organizzazione no profit che ogni anno misura lo stato di salute della libertà di stampa, ne spiccano in particolar modo due: lo spettro della "legge bavaglio" e la possibile vendita dell'agenzia di stampa Agi al gruppo Angelucci.
La legge bavaglio e le querele temerarie
In un panorama mediatico come quello italiano che dispone di un’ampia gamma di mezzi di comunicazione che garantiscono una diversità di opinioni, spiega Reporter Senza Frontiere, specie i giornalisti di cronaca nera e giudiziaria sono frenati dalla cosiddetta legge bavaglio, «sostenuta dalla coalizione di governo del primo ministro Giorgia Meloni, che vieta la pubblicazione di un ordine di custodia cautelare fino alla fine dell'udienza preliminare». Si tratta nello specifico di una legge delega, che dovrà essere esercitata dal governo entro agosto attraverso un apposito decreto legislativo.
Ma non pesa solo questo. Nonostante «la maggior parte dei giornalisti italiani goda di un clima di libertà», a volte alcuni «cedono all'autocensura, sia per conformarsi alla linea editoriale della loro testata giornalistica, sia per evitare una causa per diffamazione o altre forme di azione legale». Altro limite è infatti quello delle querele temerarie, definite «una pratica comune in Italia». E ancora, la crescente precarietà che «mina pericolosamente il giornalismo, il suo dinamismo e la sua autonomia».
Le minacce dalla criminalità
Ma il problema principale per la libertà di stampa in Italia è individuato dall'organizzazione Reporter Senza Frontiere nelle minacce delle organizzazioni mafiose, soprattutto nel Sud del Paese. «I giornalisti che indagano sulla criminalità organizzata e sulla corruzione sono sistematicamente minacciati e talvolta sottoposti a violenza fisica per il loro lavoro investigativo. Le loro auto o case vengono talvolta distrutte da incendi dolosi. Vengono orchestrate campagne di intimidazione online contro coloro che perseguono questi problemi. Una ventina di giornalisti vivono attualmente sotto protezione permanente della polizia dopo essere stati bersaglio di intimidazioni e attacchi», si legge nella scheda dedicata all'Italia.
La cessione dell'Agi
Infine, la questione Agi (oggi proprietà dell’Eni). Nel rapporto si fa un accenno generale al tentativo in molti Paesi di gruppi politici di «orchestrare l'acquisizione di ecosistemi mediatici, sia di media di proprietà statale che sono finiti sotto il loro controllo, sia di acquisizione di media privati da parte di imprenditori alleati». E si sottolinea che in Italia «un parlamentare della maggioranza sta cercando di acquisire la seconda agenzia di stampa, l'Agi».
Il commento di Fnsi
Una retrocessione quella dell'Italia che ha scatenato la reazione dei politici, specie dell'opposizione. E anche quella della Federazione nazionale della stampa italiana: «La libertà di stampa va difesa ogni giorno», ha detto la segretaria generale Alessandra Costante. «Mentre in Europa si approva il Media Freedom Act, in Italia l'informazione rischia l'orbanizzazione, stretta come si ritrova tra gli effetti della riforma Cartabia, l'eterna tentazione di prevedere la pena del carcere per i cronisti, la situazione della governance Rai, il conflitto di interessi, le ingerenze della politica».