Secondo la Repubblica islamica Mohsen Shekar avrebbe confessato. La lettera di condanna della sorella della guida suprema Khamenei: «Il popolo iraniano merita libertà e prosperità, e la sua rivolta è legittima e necessaria per realizzare i suoi diritti»
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La magistratura della Repubblica islamica ha annunciato che Mohsen Shekar, arrestato durante le proteste, è stato giustiziato: è la prima sentenza di morte eseguita per un manifestante, come riporta Bbc Persia.
Shekari è stato accusato di aver bloccato una strada, di disordini, di aver estratto un'arma con l'intenzione di uccidere nonché di aver ferito intenzionalmente un ufficiale durante il servizio. La magistratura ha detto che l'udienza si è tenuta il 10 novembre e l'imputato ha confessato le sue accuse.
«L'esecuzione di Mohsen deve incontrare una forte reazione altrimenti corriamo il rischio di aver esecuzioni di manifestanti ogni giorno, questa esecuzione deve portare rapidamente a conseguenze pratiche a livello internazionale».
È l'appello lanciato da Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore della ong Iran Human Rights con sede ad Oslo, dopo che la magistratura della Repubblica islamica ha annunciato che è stata eseguita la prima condanna a morte per una delle persone arrestate durante le dimostrazioni in corso da quasi tre mesi nel Paese
La stampa pubblica oggi una lettera aperta di Badri Hossein Khamenei, sorella della Guida suprema della Repubblica islamica, Ali Khamenei, nella quale dichiara che «il popolo iraniano merita libertà e prosperità, e la sua rivolta è legittima e necessaria per realizzare i suoi diritti».
«Spero di vedere presto la vittoria del popolo e il rovesciamento di questa tirannia che governa l'Iran. Che la giusta lotta del popolo per raggiungere la libertà e la democrazia si realizzi il prima possibile», aggiunge nel testo.
«Nel nome di Dio - scrive Khamenei - Perdere un figlio ed essere lontano da tuo figlio è una grande tristezza per ogni madre. Molte madri sono rimaste in lutto negli ultimi quattro decenni. Penso che sia opportuno ora dichiarare che mi oppongo alle azioni di mio fratello ed esprimo la mia simpatia per tutte le madri che piangono i crimini del regime della Repubblica islamica, dai tempi di Khomeini all'attuale era del despotico califfato di Ali Khamenei».
La sorella del leader iraniano racconta nella lettera: «L'opposizione e la lotta della nostra famiglia contro questo sistema criminale sono iniziate pochi mesi dopo la rivoluzione. I crimini di questo sistema, la soppressione di qualsiasi voce dissenziente, l'imprigionamento dei giovani più istruiti e ispirati di questa terra, le punizioni più severe e le esecuzioni su larga scala iniziarono fin da subito».
«Come tutte le madri in lutto iraniane - sottolinea -, sono anche triste per il fatto di esser lontana da mia figlia. Quando arrestano mia figlia con violenza, è chiaro che applicano migliaia di volte più violenza ad altri ragazzi e ragazze oppressi che sono sottoposti a crudeltà disumana».