«Siamo in una situazione di grave emergenza economica e stiamo cercando di recuperare ogni euro disponibile», così il premier Conte in una conferenza stampa dopo il Consiglio dei Ministri
Tutti gli articoli di Italia Mondo
PHOTO
A causa dell’emergenza coronavirus il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera per il rinvio del referendum sul taglio dei parlamentari, previsto il 29 marzo.
«Lo abbiamo deciso allo scopo di assicurare a tutti i soggetti politici una campagna elettorale efficace e ai cittadini un'informazione adeguata», ha spiegato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà. L'esecutivo ha tempo fino al 23 marzo per fissare una nuova giornata elettorale (si ipotizza maggio).
Coronavirus, Conte: «Il refererendum è un costo aggiuntivo»
«Non c'è ancora una nuova data, è un rinvio tecnicamente sine die», ha aggiunto il premier Giuseppe Conte in una conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri. «La nuova data sarà decisa entro il 23 marzo, sentiti anche i comitati del Sì e del No. Si dovrà tenere tra il 10 e il 31 maggio».
«Siamo in una situazione di grave emergenza economica e stiamo cercando di recuperare ogni euro disponibile. Non possiamo permetterci che il referendum sia un costo aggiuntivo. Cercheremo di ottenere l'accorpamento di tutte le date, da qui a giugno, in un'unica data». Così il capo politico reggente M5S Vito Crimi in una conferenza stampa al Senato.
Referendum, scontri di natura politica
Le forze politiche fino a ora si sono divise e molti chiedono uno slittamento anche tecnico, di poche settimane. Tra i contrari alla conferma del voto c’è il Partito radicale, che ha scritto in una nota: «Votare il 29 marzo è un attentato ai diritti civili e politici dei cittadini, così come configurato dall’articolo 294 del codice penale. Siamo di fronte a una violazione del diritto dei cittadini ad essere informati».
«Qualora il Governo intendesse proporre un accorpamento con elezioni amministrative, i nostri costituzionalisti e gli avvocati sono già al lavoro per valutare tutti i possibili ricorsi avverso tale gravissima violazione delle basilari norme democratiche. Infatti al danno della mancata assicurazione di adeguata informazione attraverso i media, ad iniziare dalla tv pubblica, si aggiungerebbe la beffa di un referendum che sarebbe inevitabilmente travolto dalla battaglia tra i partiti», annuncia la Fondazione Luigi Einaudi, impegnata sul fronte del No. La stessa posizione è espressa dai senatori Nannicini, Pagano e Cangini.