Una decisione «assurda», «antisemita» e basata su falsità e bugie. È la dura risposta dell’ufficio di Benjamin Netanyahu al mandato d'arresto spiccato contro il premier israeliano e l'ex ministro della Difesa Gallant, dalla Corte penale internazionale per presunti crimini di guerra a Gaza. Negando categoricamente ogni accusa, l'ufficio di Netanyahu afferma che il Paese non «si piegherà alle pressioni, non si farà intimidire e non arretrerà» fino alla realizzazione degli obiettivi della guerra.Resta da capire quali Paesi daranno seguito alla sentenza della Cpi.

Salvini: «I crimini di guerra sono altri»

«Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri», ha detto il vicepremier Matteo Salvini a margine dell'assemblea Anci.

«Non entro nel merito - ha spiegato Salvini - delle dinamiche internazionali. Israele è sotto attacco da decenni, i cittadini israeliani vivono con l'incubo dei missili e con i bunker sotto le case da decenni. Adesso dire che il criminale di guerra da arrestare è il premier di una delle poche democrazie che ci sono in Medioriente mi sembra irrispettoso, pericoloso perché Israele non difende solo se stesso ma difende anche le libertà le democrazie e i valori occidentali. Mi sembra evidente che sia una scelta politica dettata da alcuni paesi islamici che sono maggioranze in alcuni istituzioni internazionali».

Orban: «Venga in Ungheria»

«Non abbiamo altra scelta che sfidare questa decisione», tuona invece Viktor Orban, il premier dell'Ungheria che a luglio ha assunto la presidenza di turno del Consiglio dell'Unione Europea, dopo i mandati d'arresto. «Inviterò Netanyahu a venire in Ungheria, dove posso garantirgli che la decisione della Cpi non avrà alcun effetto», ha affermato Orban ai microfoni della radio ungherese.

Anche gli Stati Uniti contro il mandato d’arresto

Oltreoceano, gli Stati Uniti «respingono categoricamente» la decisione della Corte penale internazionale. «Rimaniamo profondamente preoccupati dalla fretta del procuratore di richiedere i mandati d'arresto e dai preoccupanti errori di procedura che hanno portato a questa decisione - ha dichiarato un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale -. Gli Stati Uniti sono stati chiari sul fatto che la Corte penale internazionale non ha giurisdizione su questa vicenda».

La prossima amministrazione Trump starebbe intanto valutando l'introduzione di sanzioni contro la Corte penale internazionale, rende noto Kan News, citando fonti di Washington, secondo cui il provvedimento riguarderebbe in particolare il procuratore capo della Cpi, Karim Khan, e i giudici che hanno emesso i mandati.