La Cassazione francese ha confermato il rifiuto della Francia all'estradizione dei 10 ex Br degli anni di piombo in Italia. Il rifiuto di accogliere il ricorso alla Corte di Cassazione sull'estradizione di 10 ex militanti di estrema sinistra italiani, in gran parte ex delle Brigate rosse, rifugiati in Francia dopo gli "anni di piombo", era atteso. Per i 10, di cui 8 uomini fra i quali Giorgio Pietrostefani, condannato per l'omicidio Calabresi, e 2 donne (le ex Br Marina Petrella e Roberta Cappelli), il tribunale francese aveva già negato, il 29 giugno dello scorso anno, l'estradizione chiesta dall'Italia.

La presidente della Chambre de l'Instruction aveva motivato il rifiuto con il rispetto della vita privata e familiare e con il diritto a un processo equo, garanzie previste dagli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, il giorno dopo, aveva però affermato che «quelle persone, coinvolte in reati di sangue, meritano di essere giudicate in Italia». Di conseguenza, il procuratore generale della Corte d'appello di Parigi, Rémy Heitz, in rappresentanza del governo, aveva immediatamente presentato un ricorso alla Corte di Cassazione, ritenendo necessario appurare se gli ex terroristi condannati in Italia in contumacia beneficeranno o meno di un nuovo processo se la Francia li consegnerà. Lo stesso procuratore contestava la decisione del tribunale sulla presunta violazione della vita privata e familiare degli imputati.

Le reazioni

«Qual è la mia reazione...? Sono dei disgraziati, perché non c'è giustizia così! È tuttavia una decisione che ci aspettavamo dalla Francia». Così Adriano Sabbadin, figlio di Lino, il macellaio ucciso nel 1997 in Veneto ad opera dei Proletari Armati di Cesare Battisti, commenta il rifiuto della Cassazione francese all'estradizione dei 10 ex Br degli anni di piombo. «Ci dicano allora, i giudici, quali sono i colpevoli? Ci sono dei morti sulla coscienza di queste persone», conclude Sabbadin.

«Ormai sono passati più di 47 anni, la pena in sé mi interessa fino a un certo punto. Trovo anche giusto ciò che ha fatto la Cassazione francese. Bisogna ragionare nei termini di restituire un po' di verità sulle vicende: la vera partita non è l'estradizione quanto misurare se queste dieci persone daranno un contributo per capire quanto è successo in quegli anni». Così Alberto Di Cataldo, figlio di Francesco, il maresciallo ucciso a Milano dalle Br il 20 aprile 1978, commenta la sentenza della Cassazione francese che ha confermato il rifiuto della Francia all'estradizione dei dieci ex Br.