Questa è una di quelle storie che increspa la pelle e l’anima. Una di quelle storie che fa affiorare una sola, insolubile domanda: perché?

Aveva un nome da leone coraggioso, Simba, ma era un bimbo di appena 3 anni compiuti nel maggio scorso. È morto nella comunità Casa di Matteo, a Napoli, avvelenato dalla droga che la madre gli passava allattandolo nei primi mesi di vita. Era nato in una baracca, tra degrado e disperazione. La mamma, tossicodipendente, lo sfamava con il proprio latte avvelenato dal demone che dominava la sua esistenza: la droga.

Sostanze che Simba ha assunto nei primi giorni di vita mentre era attaccato al seno, finché il mondo non si è accorto di lui e del suo destino segnato. Da quel momento è stato preso in cura dagli operatori della Casa di Matteo. Impossibile che venisse adottato. Troppo gravi le conseguenze provocate dalla droga che sapeva d'amore. Danni cerebrali e il corpicino segnato per sempre. È stato accudito amorevolmente per quasi 4 anni, ma alla fine il demone ha preso anche lui.

«Non avremmo mai voluto dirvelo: il nostro piccolo Simba - hanno scritto sui loro profili social gli operatori della Casa di Matteo - non ce l'ha fatta. Vi chiediamo scusa per non essere riusciti a trovare parole meno dirette e crude, ma a questo dolore non ci si abitua mai e la sofferenza è sempre più atroce. È successo tutto improvvisamente, come altre volte. Ma questa volta non ce l'abbiamo fatta. Noi, noi e lui, insieme. Non vogliamo farci domande, non sapremmo trovare risposte adeguate. Ringraziamo chiunque lo abbia amato, da vicino, da lontano. Siamo sicuri che anche il piccolo Re della Foresta vi abbia voluto bene».

Simba aveva un fratellino, che fortunatamente è riuscito a trovare una famiglia che lo adottasse. Una scintilla di speranza in un buio così denso che nessuna luce sembra capace di diradare.