L'aumento dei casi Covid in Italia non è un «"semplice 'rimbalzo", anche se al momento non possiamo etichettare la risalita come avvio della quinta ondata». Troppe le differente regionali: minore circolazione virale per i 18,8 milioni di persone di Lombardia, Piemonte e E-R, e alta incidenza al centro-sud in particolare in Umbria, Puglia, Calabria, Marche, Basilicata, Lazio, Abruzzo e Toscana. Così all'ANSA il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. Dal 13 al 19 marzo +30,2% dei casi e aumento degli attualmente positivi, da poco più di 971mila del 10 marzo a 1.147.519 di ieri e iniziali segnali di impatto sui ricoveri.

Secondo l'analisi Gimbe, i nuovi dati aggiornati registrano negli ultimi 7 giorni (13-19 marzo) oltre 477mila casi, rispetto a poco meno di 332mila della settimana precedente (6-12 marzo), con un incremento del 30,2%. Il tasso di positività dei tamponi ha superato il 15% e il numero degli attualmente positivi è risalito da poco più di 971 mila del 10 marzo a 1.147.519 il 19 marzo.

Incidenza a 7 giorni per 100 mila abitanti

«L'incremento - evidenzia Cartabellotta - riguarda tutte le fasce di età con una maggior risalita nelle fasce più giovani: in particolare 10-19 anni e a seguire 0-9 anni. L'aumento dei casi, al momento, non è omogeneo nelle varie Regioni. L'incidenza a 7 giorni per 100 mila abitanti è maggiore in quelle del centro-sud: Umbria (1.674), Puglia (1.206), Calabria (1.142), Marche (1.135), Basilicata (1.061), Lazio (995), Abruzzo (971), Toscana (920). Mentre la circolazione virale è minore in Piemonte (409), Lombardia (502), Emilia Romagna (506). Differenze che, inevitabilmente - sottolinea Cartabellotta - rendono il dato nazionale poco generalizzabile».

Diverse le cause di questa aumentata circolazione virale: rilassamento della popolazione e allentamento delle misure, progressiva diffusione della più contagiosa variante Omicron BA.2, calo della protezione vaccinale nei confronti dell'infezione, persistenza di basse temperature che costringono ad attività al chiuso.

La pressione sugli ospedali

Quindi il rischio di una nuova pressione sugli ospedali. «Al momento non si rilevano segni di sovraccarico anche se i posti letto occupati in area medica hanno ripreso lievemente a salire: da 8.234 del 12 marzo a 8.319 del 19 marzo. Quelli in terapia intensiva rimangono stabili da qualche giorno intorno a 470, mentre gli ingressi si sono stabilizzati ai 40-42 al giorno e mostrano segni di risalita. Tutti segnali iniziali d'impatto, seppur limitato - dice Cartabellotta - sugli ospedali dell'incremento dei nuovi casi».

E a proposito infine della nuova variante, il presidente della Fondazione Gimbe rileva che l'indagine flash dell'Istituto superiore di sanità rileva, al 7 marzo, una prevalenza di Omicron 2 al 44%. «Tuttavia - dice Cartabellotta - i dati sono di difficile interpretazione perché nelle Regioni del Nord-ovest, dove il virus circola meno, la prevalenza di Omicron 2 è più elevata (68%), mentre risulta più bassa (32%) al Sud dove si rileva una maggior circolazione virale».

No all'eliminazione del bollettino quotidiano

L'eliminazione del bollettino quotidiano sui casi Covid in Italia «sarebbe un atto di ingiustificata censura sulla distribuzione regionale e sui dettagli di ricoveri, tamponi e altro. La scadenza dello stato di emergenza non cala il sipario sulla pandemia che, per una sua gestione ottimale, richiede una maggior disponibilità di dati. Non di mettere la polvere sotto il tappeto».

«Ribadisco quanto affermato a suo tempo - ha aggiunto Cartabellotta all'Ansa -, in occasione di analoga richiesta delle Regioni. Ai fini della sorveglianza epidemiologica l'Italia - dice Cartabellotta - trasmette quotidianamente tutti i dati all'Organizzazione Mondiale della Sanità e al Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie. Dati che poi si ritrovano, con variabile livello di dettaglio nelle statistiche internazionali»