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Sono sempre stati con un piede dentro e uno fuori dell'Unione Europea. Giustamente. Non hanno aderito all'euro (e l'anno scorso hanno creato più posti di lavoro di tutti gli altri Paesi della comunità messi assieme) e neanche a Shengen (e il loro progetto di multiculturalità, nonostante gli attentati terroristici del 2005, ha portato all'elezione del primo sindaco musulmano di Londra, che ha svolto il suo primo incontro in una chiesa anglicana). Così come, finita la guerra fredda, ha usato la rete di intercettazione satellitare Echelon per spiare anche le imprese europee per favorire quelle inglesi, perché nella globalizzazione non ci sono più Nazioni amiche e nemiche ma solo concorrenti. Questa è la Gran Bretagna. È più che sintomatico che provenga dal Regno di Sua Maestà lo scossone a una straordinaria idea politica per favorire la pace, dopo le macerie, lontane oggi nella percezione sociale, della seconda guerra mondiale, e che oggi si è trasformata in una burocrazia che tutela di fatto le ragioni (spesso cattive) delle multinazionali e della finanza. Infatti, se nella Comunità Europea si trovano male i sudditi della Regina, nonostante la maggioranza del Parlamento, in modo trasversale, fosse favorevole allo status quo, figuriamoci gli altri. A cominciare dai greci e da noi italiani, che conferiamo di gran lunga più soldi di quanti poi siamo in grado di riceverne in cambio. Solo che nel Regno Unito i cittadini hanno strumenti culturali (leggasi: istruzione) per non farsi deviare del tutto dalle deformazioni mediatiche che hanno dato vita a una società della disinformazione dove scompare la realtà e la verità. Adesso cosa ci sarà dietro l'angolo? Certamente nulla sarà come prima. I burocrati di Bruxelles fanno la voce grossa. È un segno di debolezza. La cosa più probabile è che scatterà, presto o tardi, un effetto domino che aprirà scenari inediti. Ma non per questo peggiori.
Mario Caligiuri