Il secondogenito del capo di Cosa nostra sta scontando due ergastoli. Secondo gli ermellini è da dimostrare i suoi attuale collegamenti con l’esterno e l’attivismo del suo gruppo
Tutti gli articoli di Italia Mondo
PHOTO
La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la conferma del decreto ministeriale che impone il carcere duro a Giovanni Riina, secondogenito del capo di Cosa nostra, in carcere dal 1996 per scontare una condanna a due ergastoli, collegati alla partecipazione a Cosa nostra (ma non come capo) e soprattutto a tre omicidi di mafia commessi dallo zio Leoluca Bagarella e da Giovanni Brusca, risalenti al 1995 e di cui il detenuto fu considerato il mandante. È al 41 bis dal 2002.
Il tribunale di sorveglianza di Roma, con una diversa composizione rispetto al collegio che aveva emesso la decisione oggi annullata, dovrà rivalutare il cosiddetto 41 bis a carico di Riina, visto che non appare spiegato in maniera adeguata l'attuale collegamento tra il figlio del superboss (morto nel 2017) e l'esterno, presupposto della conferma del provvedimento che impone isolamento, restrizioni sui contatti con i familiari e con i difensori, limitazioni nella consegna di corrispondenza, pacchi e persino indumenti di ricambio.
Nella sentenza di annullamento con rinvio, la Cassazione ha fissato un principio di diritto a cui si dovranno attenere i magistrati della sorveglianza, con riferimento all'«apprezzamento in concreto della incidenza del decorso del tempo in rapporto a una condizione associativa pregressa» in cui mai è stato dimostrato il ruolo di vertice, per Giovanni Riina, «condannato per mera partecipazione al sodalizio mafioso». Inoltre «risulta meramente assertiva e poco chiara la considerazione di una posizione di 'sovraordinazione', non essendo stata argomentata la fonte e il significato concreto di tale affermazione in rapporto all'attuale condizione di pericolosità». Da dimostrare anche il reale e attuale «attivismo esterno del gruppo di riferimento» per capire se il detenuto abbia fatto un percorso di recupero grazie al trattamento penitenziario.
Colosimo: «Chiederò le carte»
«Chiederò le carte su Giovanni Riina, figlio del capo indiscusso di Cosa Nostra. La storia criminale di questo uomo non conosce dissociazioni e il solo cognome incute, ancora oggi, paura e una sorta di pericolosa e aberrante fascinazione. Metteremo la Commissione parlamentare antimafia a difesa del 41bis». Lo scrive su X la presidente della Commissione antimafia, Chiara Colosimo.