Ci furono trattative per catturare latitanti in cambio di altri favori? È questa la domanda alla quale punta a rispondere la nona puntata del podcast “Gotha – processo agli invisibili”, partendo dalle motivazioni della sentenza depositata dal Tribunale di Reggio Calabria. I giudici affrontano in un lungo capitolo questo spinoso argomento, puntando l’attenzione su quanto avvenuto in un determinato periodo storico, quando personaggi poi indagati e processati con l’accusa di essere appartenenti o concorrenti esterni alla ‘Ndrangheta tentavano di approcciarsi, facendosi portatori di interessi istituzionali, con esponenti della criminalità organizzata. Trattative, scrive il Tribunale presieduto da Silvia Capone, non concretizzatesi perché scoperte a seguito di altre indagini.

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La stagione dei sequestri

La Calabria ha conosciuto già in passato delle commistioni pericolose. A partire dagli anni ’60 e fino all’inizio degli anni ’90, infatti, una lunga stagione di sequestri di persona ha sconquassato la serenità di una nazione intera. Anche in quel caso, tanti parlarono di trattative per liberare gli ostaggi. Noi abbiamo deciso di chiedere lumi ad un giornalista oggi al Corriere della Sera, ma all’epoca giovane cronista che si affacciava ai fatti di rilievo nazionale: Carlo Macrì. È proprio la sua memoria storica a regalarci un affresco particolare, narrando retroscena poco conosciuti dei sequestri di Cesare Casella e Roberta Ghidini dove – sono le parole di Macrì – una trattativa tra Stato e ‘Ndrangheta vi fu, con l’obiettivo di riportare a casa, sani e salvi, tutti gli ostaggi. Sebbene, afferma il cronista del CorSera, «le trattative per liberare i sequestrati furono solo per gli ostaggi del Nord. Non per quelli del Sud. Qualcuno di loro non tornò più a casa».

Le presunte trattative narrate nella sentenza Gotha

Ma quali sono gli episodi indicati negli atti della sentenza “Gotha”? Tutto parte dalle conversazioni captate tra un personaggio che abbiamo imparato già a conoscere, l’avvocato Antonio Marra, ritenuto elemento ponte tra la criminalità organizzata e pezzi di Stato, ed un maresciallo dei carabinieri all’epoca dei fatti in servizio all’Aise. Marra si rivolge al sottufficiale per esprimere tutto il proprio disappunto per la trattativa saltata nel territorio della Locride, nonostante l’impegno di un altro esponente dell’Arma e di don Pino Strangio, anch’egli personaggio già noto quale ex rettore del santuario di Polsi.

Quale sia l’oggetto della trattativa sono gli stessi protagonisti a riferirlo: due latitanti chiedevano, in cambio della loro costituzione, il trasferimento di un detenuto da una casa circondariale all’altra e un intervento su un non meglio precisato giudizio d’appello.

C’era però un secondo obiettivo, ancor più ambizioso, dietro la scelta di intavolare questa trattativa. Il gruppo di Marra era convinto di poter conquistare la fiducia degli interlocutori ed arrivare così all’unico indagato ancora latitante e ritenuto responsabile della strage di Duisburg. La trattativa, però, saltava improvvisamente a causa del trasferimento improvviso di uno dei due sottufficiali che lavoravano allo scambio.