Alla Calabria si possono applicare le parole di Paolo Borsellino: «Palermo non mi piaceva, per questo la amavo». Dette la vita per migliorala, per anticipare i tempi della sua profezia: «Un giorno, questa terra sarà bellissima». E non intendeva storicamente, ecologicamente, turisticamente, ma come comunità, società, Paese.

I volti della Calabria

È un posto terribilmente bello e pericoloso la Calabria. Può illuderti, sedurti, distruggerti con una parola, insinua, diffama, promette, tradisce, festeggia sulle macerie; dove l'impegno più diffuso è demolire i migliori, perché il peggio sia giustificato e non costretto a migliorarsi, e le stesse vittime del pregiudizio fanno di tutto per squalificarsi e aderire allo stereotipo, alla diceria che le denigra; dove il sempre meno che si può avere è compensato da una violenza sempre maggiore nella corsa a mettervi sopra le mani; e dove pochi, in cambio di quel poco solo a loro, sono disposti ad accettare il niente agli altri e persino a rinunciare al di più a cui tutti avrebbero diritto, inclusi loro stessi; dove si investono tempo, fatica, denaro, non per costruire, ma per poter fuggire; e ci si ritiene fortunati a essere “amici” di chi umilia tutti, certo, ma umilia di più gli altri; dove 'u spiartu, il furbo, si fa “amici” e l'onesto nemici; dove “ascensore sociale” è diventare “qualcuno altrove”; dove non trovi l'ospedale, ma puoi trovare medici volontari che ti curano come manco il miglior policlinico; dove...

Terra di contraddizioni

Sì, perché la Calabria è pure quella che vede giovani rinunciare a condizioni migliori, restare e sputare sangue per poco e con fiducia in se stessi e negli altri («I nostri ulivi hanno sino a 800 anni, gli altri li piantò mio nonno, che emigrò in America per comprare la terra. Non sono alberi, ma parenti: ognuno ha un nome», dice un ragazzo di vent'anni della Piana, Vincenzo Gullo); dove, in faccia alla mafia, fanno feste e invitano tutto il paese quando subiscono attentati; dove si ha il maggior numero di cittadini che denunciano («Ho la fila dietro la mia porta», dice Nicola Gratteri, procuratore capo a Catanzaro); dove tanti resistono alla paura e alla prepotenza e accettano di fare una vita orrenda, per restare persone libere, come Pino Masciari, Gaetano Saffioti e tanti altri; dove “Il senso dei luoghi”, se avete letto il grande libro di Vito Teti, conserva la memoria di millenni, di civiltà, di valori universali, ma come rinsecchiti sui resti di paesi morti, abbandonati, i cui riti e tradizioni sono migrati con le persone a un oceano di distanza; dove (scusate se lo ripeto) hai alcuni dei migliori licei e dei migliori dipartimenti universitari d'Italia e d'Europa; dove puoi trovare le montagne e il mare belli come (e magari più che) altrove, ma le prime a ridosso dell'altro, potendo decidere se andare a sciare o a fare il bagno in un certo periodo dell'anno; e dove hai i quartieri più degradati d'Italia, forse d'Europa, ma in cui schiere di angeli fanno volontariato per educare alla cittadinanza e alla dignità, nonostante bisogni e diritti ignorati dallo Stato.

 

Dove magistrati, poliziotti e carabinieri, rischiando forte, “ripuliscono” ampie zone del territorio, riempendo le galere di delinquenti, ma se in quelle zone, poi, non trovi il medico, la scuola, una strada decente, il treno, lo Stato si riduce a processi, divise, manette (e meno male), come se alla Calabria non servisse altro; dove se non ci si può curare, la colpa è dei calabresi incapaci (e ladri, si capisce), lo Stato invia commissari che peggiorano i conti e la qualità delle cure, ma gli incapaci (e ladri, si capisce) restano i calabresi; dove lo Stato insulta i cittadini inaugurando “finita” un'autostrada incompiuta da oltre mezzo secolo, si promette “alta velocità” che è “altra velocità” (poco più di metà di quella vera) e da quasi sessant'anni si parla del Ponte da fare/non fare, mentre a Genova lo fanno in due anni saltando tutte le regole: eppure, imprenditori calabresi senza strade, treni e servizi (vuol dire avere spese di produzione maggiorate di circa il 30 per cento), si fanno onore nel mondo, mantenendo casa e bottega nella loro regione bella, difficile e pure scomoda, quasi irraggiungibile...

La sfida per il cambiamento

La Calabria ti cattura, ti seduce e fa paura. In Calabria il confronto è fra gli estremi nel bene e nel male; la sfida, per chi ama queste terre, sente il dovere di fare la sua parte per cambiare il male in bene, o ha solo l'arroganza di credersi capace di riuscire nelle imprese più difficili, o non vuole adeguarsi al panorama dei quartieri-sfascio che deturpano le rive dello Stretto, uno dei posti più belli del mondo, e pensa che possano diventare come la Costiera Amalfitana..., la sfida più ardua, per sognatori, santi e presuntuosi, è la Calabria, dove ci vuole niente per passare dalle stelle alle stalle.

Un paio di anni fa, per non sembrare scortese, pur infastidito dall'insistenza un po' invadente di una persona che si presentava, come si dice, “bene”, e ruoli sociali “tuttappost”, accettai di “fare due chiacchiere a cena” e mi ritrovai con altri due al tavolo («La pizza facciamo metà ciascuno?». «Se non è un problema, la mangerei intera, pago io». «Ma si figuri!»). Ovviamente, a “pasto” finito, il selfie (una volta si prendeva il digestivo). Qualcosa non mi convinceva, la mattina dopo chiesi ad amici del posto, sulla costa jonica calabrese: «È il gran maestro della massoneria della nostra zona». «Ah! Solo massone o pure...?». «Pure». Malimo'!.

Te lo dicono: qui non sai mai con chi stai, e se ti capita, poi vallo a spiegare (a dire la verità, mi accadde anni fa anche a Milano e poi in amena località di vacanza: classico imprenditore lombardo, discorsi di strategie galattiche di investimenti, attività 'ndernesciònal. Grandi oooh! Poco tempo dopo lessi che era nei guai per riciclaggio dei soldi di una “famiglia” di Cosa Nostra).

Questa terra sarà bellissima

La Calabria è con le spalle al muro, può solo scattare in avanti e tentare il tutto per tutto; è il posto dove chi ti dà la mano, ti consegna l'anima o te la ruba, senza vie di mezzo, perché qui lo spazio che separa il sommo bene dal sommo male è zero: nessun è amico come un calabrese, ti dicono (combinazione: il mio migliore amico lo è), nessuno ti pugnala alle spalle come un calabrese che credi amico (accidenti: anche questo ce l'ho, bello fresco fresco!). È questo che inquieta in Calabria e mette tutto e tutti a rischio: non c'è terra di nessuno fra il bene e il male.

In Calabria l'unica puntata ammessa è: o tutto o niente. Questa terra sarà bellissima, in ogni senso, ma non è terra per tiepidi, vuole passione e decisione, cuore e cervello e anche qualcos'altro che non nomino. A Napoli dicono: “Chi nun tene coraggio nun se cocca ch' 'e femmene belle”. Chi non ha coraggio non ci va a letto con le belle donne.

Figurarsi se la vuoi bellissima.