I partiti sono come il meteo: prevedibili. Basta annusare il vento e osservare il cielo per capire se ci sarà tempesta. C’è dunque da stupirsi – a occhi sbarrati e bocca spalancata – per le scelte avallate in queste ore dalle segreterie nazionali dei maggiori player politici? Solo in parte. Erano infatti prevedibili i nomi dei candidati nei collegi blindati. Ed era prevedibile l’inserimento di qualche paracadutato. Ciò che resta insondabile, semmai, è l’esito di diversi duelli territoriali. Non tutto è scritto e la campagna elettorale, stavolta, non sarà semplice cornice di un mosaico preimpostato: ci sono ancora diversi tasselli da incastrare.

La Calabria ha davanti a sé sfide impegnative. Le solite sfide: lavoro, sanità, legalità. E se proprio queste, ancora oggi, restano le principali piaghe sociali della regione significa che finora non è stato risolto granché. Il lavoro si crea con il riequilibrio dei macro sistemi economici, e cioè con l’avvio dei grandi appalti nel campo dell’infrastrutturazione, con le sinergie strategiche tra pubblico e privato; la sanità si ricostruisce con nuovi ospedali pubblici e la riorganizzazione delle reti territoriali, con l’assunzione di personale (anche cubano, se nel frattempo non si può fare altro…) e nuove dotazioni tecniche nel comparto pubblico, con il conferimento di incarichi manageriali a chi dispone davvero di competenze mediche. E la legalità? La legalità si pratica nelle scelte quotidiane ad ogni livello, consapevoli di quanto la ‘ndrangheta resti forte nonostante i colpi sin qui sferrati.

Ecco, la politica ha il potere di incidere in questi campi al pari di chi vive e opera in Calabria: nel Parlamento si discutono le leggi per contrastare le organizzazioni criminali; nel Governo si assumono le scelte che spostano investimenti infrastrutturali a Nord o Sud del Paese per creare competitività, sviluppo, occupazione e assicurare una risposta sanitaria adeguata e democratica (cioè paritaria) su base nazionale; a Roma si decidono i destini – sul lungo termine – di intere aree territoriali.

Ma prima che tutto ciò si realizzi potranno decidere del proprio destino anche i calabresi attraverso le urne. Recarsi ai seggi, soprattutto ora, appare come un impegno morale che ognuno deve assolvere semplicemente perché l’Europa è attraversata da un’instabilità economica impressionante, innescata dal conflitto in Ucraina, e il futuro non lascia presagire nulla di buono sul versante dell’approvvigionamento energetico. Così, il posizionamento dell’Italia nello scacchiere atlantico, con tutte le conseguenze del caso, sarà deciso anche dai parlamentari calabresi, che dopo il 25 settembre voleranno per la prima volta (o torneranno) nella Capitale per rappresentare le istanze di questa terra.

Gli interessi di cordata e di sistema che hanno indotto a scelte forzate e di strettissima vicinanza nella stesura di alcune candidature possono diventare marginali rispetto agli interessi superiori dei calabresi, ancora alle prese con gigantesche questioni sociali rimaste inevase. Perché ciò accada, però, bisogna esercitare il potere del voto, l’unica vera arma democratica posta tra le mani dei cittadini per cambiare il corso della (propria) storia. Buona campagna elettorale a tutti.