Dal profilo social del Pd calabrese, abbiamo avuto modo di leggere una presa di posizione abbastanza dura del commissario regionale, Stefano Graziano verso Carlo Tansi, reo di aver disertato la riunione convocata dal Pd in vista delle elezioni regionali.


L’ex direttore della protezione civile, a sua volta, con un commento sullo stesso profilo del Pd calabrese,
replicava in maniera piccata seduta stante. Fine del siparietto di giornata. È proprio vero che i nervi saldi non vanno più di moda in politica. E, tuttavia, sarebbe auspicabile, invece, che fossero l'elemento fondamentale, soprattutto quando si tentano di guidare processi politici complessi e delicati come quello di mettere in campo un'alleanza ampia, articolata e rinnovata, alla quale sembra aspirare il Pd. Se ciò, dunque, è l’obiettivo del maggior partito di centrosinistra, il commissario regionale del Pd Stefano Graziano farebbe bene ad evitare scivoloni e strafalcioni. Un serio dirigente politico, infatti, in una situazione drammatica come quella calabrese, dovrebbe armarsi di pazienza e di misura. In assenza di queste caratteristiche, nella vituperata prima repubblica, per esempio, un dirigente politico sarebbe stato considerato inadeguato a svolgere quel ruolo. E, d’altronde, sono in molti a chiedersi dentro e fuori dal Pd se Graziano sia veramente adatto a svolgere il compito che gli è stato affidato dal responsabile del mezzogiorno Nicola Oddati e dallo stesso Nicola Zingaretti.

La posizione di Graziano

Il commissario regionale, infatti, sono mesi che è assente dalla scena politica, e se in questi dieci mesi, l’azione e l’opposizione al centrodestra, si è rivelata disastrosa, più di qualche responsabilità è riconducibile proprio all’azione del commissario del Pd calabrese. La presa di posizione social di Graziano, dunque, evidenzia uno stato d’animo che trasuda autosufficienza da un lato e, quasi quasi, una certa fretta a “liberarsi” della questione “Tansi” dall’altro lato. Se così fosse, il Pd, si appresterebbe a fare un tragico errore che potrebbe rivelarsi letale e con conseguenze elettorali nefaste e irreparabili. Qualcuno dovrebbe incaricarsi di rendere edotto innanzitutto Nicola Zingaretti di questa ineluttabile deriva.

Il Pd e la sua aspirazione ad aggregare le forze civiche

Al momento, infatti, il tentativo di mettere in campo un tavolo aperto ai movimenti, al civismo, e alle associazioni progressiste è quasi un mezzo flop. La riunione si è rivelata, allo stato, una flebile e, alquanto fragile, premessa interlocutoria. La domanda sorge spontanea: perché? La risposta è una: la scarsa credibilità del Pd.

 

E, d’altronde, pesa la responsabilità politica e amministrativa nel malgoverno, nel malcostume, nelle scelte scellerate compiute negli ultimi 25 anni in Calabria con il coinvolgimento dei rappresentanti istituzionali. Il Pd viene percepito come un partito sostanzialmente uguale agli altri, rendendolo, di fatto, inaffidabile agli occhi della stragrande maggioranza dei calabresi, soprattutto, agli occhi di quel 60% di cittadini che ormai non si reca più a votare. Negli ultimi 10 anni, infatti, i due terzi degli elettori hanno ritenuto di disertare le urne. Una crisi di rappresentanza che, in altri tempi, avrebbe preoccupato e non poco la sinistra, mentre ha lasciato sostanzialmente indifferente il ceto politico di potere che governava e che per certi aspetti governa ancora il Pd alle nostre latitudini.

 

È evidente dunque, che non può bastare, e come poteva, la semplice indizione di un tavolo allargato ai movimenti civici, alle associazioni progressiste, per recuperare la fiducia di quei vasti strati della società calabrese che da tempo ormai non si identificano e non si sentono rappresentati dal Pd.

La diffidenza verso i dem

Civismo, intellettuali, buona società calabrese continuano a diffidare dei dirigenti democrat. E, d’altronde, in questi mesi di governo di centrodestra, i democrat hanno perduto una buona occasione per riabilitarsi agli occhi dell’opinione pubblica regionale. E invece, nemmeno di fronte alla deriva dei vari Spirlì, della Lega, o ancora di fronte all'effimera visione della Calabria rappresentata dai corti di Muccino, alle colonizzazioni dei gruppi di potere massonico-culturali romani dei Minoli e della sua famiglia di magnati della produzione televisiva italiana, alla spregiudicatezza fascio-clientelare dei Tallini e di tanto altro, si è levata una voce autorevole sul fronte Pd contro tutto ciò. Anzi, più che voci autorevoli, dagli scranni dell’opposizione di Palazzo Campanella, abbiamo udito balbettare, in alcuni casi, condividere con il centrodestra scelte scellerate, come la legge truffa sui vitalizi. Il Pd, a nostro modesto avviso, dunque, prima di recuperare l'autorevolezza necessaria per poter convocare tavoli, dovrebbe dare segnali concreti di discontinuità negli uomini, nelle pratiche, nella visione del governo che intende affermare.

Il centrosinistra, in questi anni, ha preferito accomodarsi sulle degenerazioni politiche e istituzionali, in alcuni casi ha stabilito spregiudicati compromessi con i gruppi di potere che si sono letteralmente sbranati questa regione, a partire dalle razzie sulla sanità. E a anche sul fronte delle riforme della burocrazia regionale e delle istituzioni relative, il Pd non è mai riuscito ad affermare la sua mission costitutiva. Ovvero quella di un moderno e convinto partito riformista.

 

L’azione di governo del Pd si è collocata in continuità con quelle del centrodestra e dei gruppi di potere che ne hanno tracciato la linea. Niente riforme. Nessuna rivoluzione (sarebbe stato chiedere troppo a quello che rimane di una sinistra che ha ormai sperduto la sua natura da tempo) contro la corrotta e mastodontica burocrazia pubblica. Nessuna presa di distanza dalle lobby massoniche che opprimono ogni settore della vita politica e istituzionale, dal più piccolo comune della Calabria fino al decimo piano della cittadella regionale.

La degenerazione del Partito calabrese

Il Pd calabrese è preda di orde di barbari che si contendono il potere nel partito, nel solco dell’individualismo e dell’arrivismo più spregiudicato. Di fronte a questa drammatica realtà dunque, il riformismo decantato, è sempre stato un vuoto esercizio dialettico, buono per i congressi, le primarie (quando si facevano), per i giorni di festa, per scegliere le rappresentanze istituzionali da spedire al Parlamento tutte rigorosamente nominate. Il Pd calabrese, purtroppo, è tutto ciò.

Dentro un tale contesto, dunque, difficile immaginare che il Pd, in prima battuta, possa essere ritenuto credibile come punto di riferimento di una vasta aggregazione e di un’ampia alleanza di rinnovamento sociale e politico nella nostra regione. Senza tenere conto che, in Calabria, bisogna mettere al centro dell’iniziativa politica la “questione morale” di berlingueriana memoria, senza la quale risulterà impossibile qualsiasi azione di rinnovamento etico delle istituzioni.

La questione morale nella nostra terra non può ridursi alla semplice lettura del certificato del casellario giudiziario. O peggio alla stucchevole diatriba tra garantisti e giustizialisti. La questione morale, infatti, a queste latitudini, è qualcosa di più complesso, ed è relativa alla capacità degli eletti di reggere i pesanti condizionamenti non solo della ‘ndrangheta ma anche della massoneria, delle lobby professionali e dei gruppi economici di potere. Tutto quello che in questi ultimi anni non sono riusciti a fare i gruppi dirigenti e le rappresentanze istituzionali della sinistra di governo e del Pd.

Clima pessimo verso il Partito democratico

Il clima dell’opinione pubblica, dunque, verso i democrat calabresi, è pessimo. Chi dovesse sostenere il contrario: o mente, oppure, peggio, è incapace di percepire la realtà. In un contesto del genere, dunque, il Pd non è percepito come una forza di cambiamento e per diventarlo deve dare segnali forti di discontinuità con il passato, privi di qualsivoglia ambiguità. Diversamente, la conseguenza, sarà un’altra catastrofica sconfitta elettorale. Con la conseguenza oggettiva che, a trionfare sarà nuovamente, una destra mediocre, incapace di rinnovarsi e che sferrerà un colpo mortale alla speranza e al futuro di questa terra. Il Pd, dunque, se vorrà veramente mettere in campo una politica radicalmente nuova, deve innanzitutto mettere in discussione il passato. Rompere con le vecchie pratiche di governo nelle quali è stato coinvolto, l’ultima della serie, quella targata Oliverio-Adamo. Ma non solo quella.

 

Il debito macroscopico nella sanità è frutto anche di scelte nelle quali è stato pesantemente coinvolto il Pd. Stessa responsabilità nel perpetuare commissariamenti che si sono rivelati catastrofici e funzionali a gruppi di potere extraregionali. Il mancato sviluppo della regione. Le fallimentari politiche industriali che hanno divorato inutilmente centinaia di milioni di euro dei fondi europei portano la firma del centrodestra, ma anche del centrosinistra e del Pd in particolare. Assumersi in pieno questa responsabilità, è un dovere morale, ma non basta. Bisogna resettare un intero ceto politico. Rinnovare tutti gli eletti. Chiaramente, rinnovare, non significa solo mandare a casa i protagonisti delle stagioni del passato ma rompere con i loro lacchè, portaborse e collaboratori vari. Resettare un ceto politico e le loro degenerazioni interne. Annientare le loro correnti, e i loro galoppini. È evidente a tutti che le degenerazioni correntizie calabresi sono figlie di logiche correntizie romane. Ecco perché la fase di rinnovamento del Pd calabrese presuppone l’impegno diretto del segretario nazionale.

Pesante prologo e nuovo simbolo

Rendere credibile questa fase non esclude la messa in discussione dello stesso simbolo di partito. Un nuovo logo potrebbe identificare la nuova fase della sinistra di governo della Calabria. L’inizio di una stagione nuova. Il simbolo di una nuova visione di governo e di una nuova idea di sviluppo della Regione.

La sinistra interpretata dal Pd in questa terra, nel corso degli anni, purtroppo ha rescisso ogni legame con il mondo della ricerca, della cultura, della scuola, del lavoro e con i ceti popolari. Il Pd, da tempo, ormai, è diventato un partito omologato alle pratiche clientelari che hanno trascinato le istituzioni e la politica verso una deriva morale e una decadenza di valori senza precedenti. Un centrosinistra nuovo, aperto ai civismi e ai movimenti, dunque, presuppone nuove rigenerazioni ideali, culturali e sociali.

Rifondare la sinistra

È in grado la classe dirigente nazionale del Pd, ma non solo loro, di intraprendere questa storica sfida che potrebbe, anzi dovrebbe, essere propedeutica alla rifondazione della sinistra su scala nazionale?

 Difficile prevederlo, noi umili cronisti della periferia ci sentiamo di suggerirlo. La sfida della ricollocazione ideale e morale del maggior partito della sinistra italiana che parta proprio dalla regione più disastrata e povera d’Europa, avrebbe un impatto simbolico straordinario anche sul piano nazionale. Una tale sfida, non potrà essere rinviata a dopo le elezioni, ma dovrà essere fatta a partire proprio dalle elezioni regionali. Se il Pd vorrà ritornare a essere credibile e autorevole, a nostro modesto avviso, non sembra avere altra scelta che questa. E potrà farlo nella misura in cui, nei prossimi giorni, oseremmo consigliare, nelle prossime ore, sarà in grado di assumere questo pesante prologo. Una pesante cura di cavallo, finalizzata al rinnovamento vero, praticato nei fatti e non semplicemente enunciato a chiacchiere come quasi sempre è avvenuto negli ultimi anni. Sarà in grado Zingaretti di cogliere la portata di questa sfida? E, comunque, con tutto il rispetto per le persone, difficile che, una sfida del genere, possa essere sostenuta dall’attuale commissario regionale. Questa sfida, infatti, per essere ritenuta credibile, dovrà essere lanciata direttamente dal segretario nazionale affinché gli dia il peso e il rilievo nazionale che merita. E, d’altronde, dovrebbe essere anche il risarcimento morale verso i calabresi per come è stata gestita la vicenda del commissario della sanità.

Il ruolo di Tansi

Relativamente a Carlo Tansi, anch’egli, naturalmente, dovrebbe far tesoro di uno dei rudimenti della dinamica politica, e cioè una robusta tenuta di nervi saldi, e tuttavia, credo che l’approccio del Pd nei suoi confronti sia stata radicalmente sbagliata, a tratti immorale. Non si può invitare Tansi a Roma, e poi non farlo incontrare con il segretario Zingaretti. Una tale approssimazione porta a pensare che chi l’ha messa in atto ritenga marginale il peso di Tansi sulla scena politica regionale. Se così fosse, conferma che gli attuali strateghi del Pd calabresi siano incapaci da leggere i fermenti che attraversano il sentimento dei calabresi. Sottovalutare il crescente consenso intorno al movimento dell’ex direttore della protezione civile, e la simpatia popolare verso l’ex numero uno della Prociv, potrebbe rivelarsi un errore drammatico per il Pd e i suoi potenziali alleati. Tansi, sicuramente è una personalità difficile, non è un politico, ma è percepito, in una vasta opinione pubblica calabrese, come una persona perbene. E potrebbe rivelarsi la vera sorpresa delle prossime elezioni regionali.

 

A questo punto, un partito serio, realmente interessato ad un cambio di passo della politica in questa sfortunata terra, dovrebbe mettere in campo una robusta e credibile azione di persuasione verso il progetto di “Tesoro Calabria”. Tale azione, con tutto il rispetto, non può essere ricondotta al risibile appello del povero Mimmo Bevacqua, né tantomeno, al politichese spregiudicato di Stefano Graziano, ma bensì, avrebbe bisogno dell’intervento autorevole del segretario generale del Pd, Nicola Zingaretti. La Calabria perbene, quella che vuole cambiare, i giovani, si aspettano questo atto, dal segretario, un atto che possa in qualche modo, ridare dignità e credibilità all’azione politica di un partito che, purtroppo, negli anni si è sistematicamente screditato.