Ad oggi il parco termale è ancora chiuso e nemmeno l'intervento di governatore delle Regione al momento è servito a trovare una soluzione. I 250 lavoratori della Sateca vedono sempre più vicino il licenziamento collettivo e oggi sono tornati a Catanzaro
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L'intervento della politica regionale non ha sortito l'effetto sperato sulla vicenda delle Terme Luigiane e stamattina una delegazione di lavoratori si è introdotto nel palazzo in cui ha sede l'ufficio del governatore facente funzioni Nino Spirlì e ha inscenato una protesta, l'ennesima, al grido di: «Presidente firmi subito il provvedimento, proceda con un nuovo affidamento».
Quest'anno l'apertura del parco è seriamente a rischio. Almeno è questo ciò che sembra di capire alla luce degli ultimi sviluppi della tormentata vicenda. In altri tempi, il compendio che sorge sui territorio di Acquappesa e Guardia Piemontese nel mese di giugno avrebbe già fatto registrare il pienone, ospitando parte delle decine di migliaia di turisti che ogni anno, da quasi un secolo, vengono a sottoporsi alle cure delle "miracolose" acque solfuree, considerate tra le più benefiche d'Europa. Quest'anno, invece, è tutto fermo. Le uniche persone che stanno affollando l'ingresso sono i 250 dipendenti della Sateca che da settimane stanno attuando una protesta a oltranza contro le ostilità dei sindaci Francesco Tripicchio e Vincenzo Rocchetti, protagonisti di un braccio di ferro con la società di gestione che più volte nei mesi scorsi si è attirato una valanga di critiche e polemiche.
Il braccio di ferro tra sindaci e Sateca
La storia è ormai nota. La società Sateca gestisce il compendio fino al 2016 e a scadenza del contratto ottantennale ottiene una proroga biennale, successivamente è chiamata a traghettare il parco fino al subentro di un nuovo, eventuale gestore da individuare tramite bando pubblico. L'ulteriore proroga del contratto viene sottoscritta innanzi al prefetto di Cosenza. Si attende la pubblicazione del bando dei Comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese, concessionari della acque (di cui è proprietaria la Regione), ma il documento non arriva. Nell'autunno scorso, però, i due primi cittadini, senza apparente motivo, di punto in bianco, decidono che alla Sateca spetterà in futuro soltanto il 12% delle acque, quantità talmente esigua che costringe i gestori a gettare la spugna. I due sindaci reclamano la fine del "monopolio" della società cosentina, togliendole di fatto gli strumenti per organizzare la prossima stagione termale e chiedendo formalmente di togliere il disturbo il prossimo 30 novembre. Ma non c'è nessun monopolio. La Sateca ha partecipato nel 1936 a un bando pubblico e, avendo i requisiti richiesti, lo ha vinto. Pratica che dovrebbe essere stata espletata nuovamente dal 2016, dando la possibilità a chiunque di partecipare, anche alla Sateca. E allora perché i sindaci si ostinano a parlare di «fine del monopolio»?.
L'avviso "esplorativo"
Nonostante le dure critiche e le proteste dei 250 lavoratori delle Terme, i sindaci sono irremovibili e anzi procedono con metodi discutibili alla riacquisizione dei beni pubblici in possesso della Sateca per lo svolgimento della attività termali. Servono per la redazione del bando, dicono. Ma il bando non arriva comunque. Arriva però un avviso esplorativo che sembra quasi voler sondar il terreno. Per quale motivo? E intanto i lavoratori camminano spediti verso il licenziamento, brancolando nel buio.
L'inutilità della politica regionale
Si occupa della vicenda, perché chiamato in causa, l'assessore alle Attività Produttive Fausto Orsomarso, che pur occupando un ruolo di punta nell'ente che è proprietaria delle acque, non riesce a trovare alcuna soluzione né a convincere i sindaci a fare un passo indietro. Poi, durante l'occupazione dei lavoratori di maggio scorso, sul Tirreno sbarca pure Nino Spirlì, presidente facente funzioni dopo la tragica morte di Jole Santelli. Dice ai lavoratori che prenderà provvedimenti seri al fine di garantire, presto o tardi, la stagione termale 2021. Alle parole segue una diffida, inviata all’indirizzo istituzionale dei sindaci Francesco Tripicchio e Vincenzo Rocchetti, a cui viene dato cinque giorni di tempo per trovare una soluzione, anche momentanea, alla vicenda. L'avviso viene mestamente ignorato. I lavoratori si appellano nuovamente a Sprlì, chiedendo di mettere fine all'agonia e garantire il riavvio delle attività. Spirlì chiede ancora qualche giorno. Ma oggi per i lavoratori il tempo è scaduto, così sono tornati a Catanzaro implorando il presidente di procedere a un nuovo affidamento della struttura, che possa in qualche modo superare le lentezze burocratiche delle azioni intraprese dai sindaci Tripicchio e Rocchetti. Non c'è più tempo da perdere. «Spirlì - si legge nella pagina del comitato dei lavoratori delle Terme - ci aveva promesso “non solo parole” e ci abbiamo creduto riponendo tutta la nostra fiducia e speranza nell’impegno che ci aveva assicurato. Serve un provvedimento urgente che ci consenta di tornare operativi».