Nel giorno della convocazione dell’assemblea legislativa calabrese, davanti a palazzo Campanella, sede del Consiglio Regionale, si sono unite le proteste dei lavoratori della psichiatria della provincia di Reggio Calabria e dei tirocinanti calabresi, questi ultimi da settimane in fermento e oggi approdati a Reggio per chiedere ancora una volta una contrattualizzazione e il riconoscimento dell’esperienza acquisita.

«Nonostante le promesse, ancora la vertenza delle strutture psichiatriche non è stata ancora risolta. Restano i sei mesi di stipendi arretrati e il blocco totale dei ricoveri, in attesa di un accreditamento di fatto ancora non reso possibile dalla Regione. Chiediamo interventi immediati e risolutivi di queste questioni come chiediamo anche che i tirocinanti calabresi siano considerati lavoratori a tutti gli effetti e siano contrattualizzati, visto il loro contributo ormai professionale reso all’interno delle Pubbliche amministrazioni, seppur con stipendi bassi e nessuna tutela», ha sottolineato Aurelio Monte di Usb Calabria.

«Vorrei un contratto per guardare al futuro»

Sono quasi settemila i tirocinanti calabresi impegnati a supportare gli organici carenti delle amministrazioni pubbliche. «Per l’ennesima volta siamo qui per chiedere un contratto. Siamo come fantasmi eppure lavoriamo e la nostra attività non può essere considerata ancora come tirocinio di inclusione sociale», ha spiegato Rosa Ferrandello, tirocinante presso il comando di polizia Municipale di Polistena. Per molti è una condizione di precariato che dura da tanti anni. «Ho 52 anni e sono tirocinante di inclusione sociale, ex mobilità in deroga. Chiedo che sia riconosciuta dignità professionale a noi tirocinanti, ormai non più poche centinaia ma migliaia in Calabria. Vorrei un contratto per proseguire serenamente verso il futuro e aiutare la mia famiglia», ha sottolineato Vincenzo Gallo, arrivato da San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza.

«Un lavoro nero legalizzato dallo Stato»

Da quasi dieci anni sospesa, prima percettrice di mobilità in deroga e da circa quattro anni tirocinante di inclusione sociale a San Roberto, nella città metropolitana di Reggio Calabria, anche Patrizia Gervasi non si accontenta più solo di una proroga ma chiede prospettive più concrete: «Adesso basta, aspiriamo ad un contratto e magari dopo ad una stabilizzazione. Purtroppo ci sfruttano e a noi non resta nulla se non l’obbligo di dichiarare il reddito percepito. Noi però non abbiamo contributi, non abbiamo malattia e non abbiamo ferie. Questo è lavoro nero legalizzato dallo Stato e noi siamo stanchi».

Dal 2012 è tirocinante presso la Città Metropolitana Michelangelo Cammareri: «Da anni si interviene solo con le proroghe ma ormai i nostri non sono più tirocini dal momento che siamo già formati. Bisognerebbe concretizzare un percorso lavorativo a tutti gli effetti e una volta per tutte».

Le rivendicazioni di chi lavora nella psichiatria

In protesta con i tirocinanti calabresi anche il Coolap, coordinamento dei lavoratori della psichiatria della provincia di Reggio Calabria. «La situazione del settore psichiatrico di Reggio Calabria è vergognosa. È necessario intervenire. Noi siamo qui oggi per evidenziare l’abnegazione e l’impegno con cui tutti gli operatori e le operatrici prestano il loro servizio, nonostante non percepiscano lo stipendio da mesi, e per sensibilizzare la classe politica affinché adotti le giuste misure come ad esempio l’avvio con procedure chiare dell’accreditamento delle cooperative sociali e lo sblocco dei ricoveri. Ci aspettiamo che il commissario Guido Longo ci dia risposte», ha sottolineato Lorenzo Sibio, presidente della LegaCoop Calabria.

Risposte sono ancora attese anche dai lavoratori senza stipendio da sei mesi. «Manifestiamo da due mesi ogni 15 giorni. Ancora attendiamo di capire chi debba autorizzare i pagamenti. Neppure è stato convocato un tavolo per capire e risolvere. Altrettanto scandaloso è il blocco dei ricoveri in attesa dell’accreditamento non avviato in Calabria, con la conseguenza che persone che abbiano bisogno di questo tipo di assistenza devono recarsi fuori, andando incontro a spese più alte. È gravissimo che lo Stato non si interessi di questa problematica», ha spiegato Enzo Barbaro del Coolap.

In protesta anche i familiari

Al fianco di chi lavora senza stipendio anche i familiari delle persone assistite. «Non sappiamo spiegarci perché, pur pagando la retta, gli educatori rimangano senza stipendio», si chiede Francesca Giannaccare.
«Gli educatori vanno sostenuti. Pur senza stipendio da sei mesi sono rimasti accanto ai disabili e alle persone fragili che degli educatori hanno davvero tanto bisogno», ha concluso Emilia Paviglianiti.