Si chiama “Dossier sul precariato in Calabria. Analisi e ricostruzione storica” il documento elaborato e presentato dall’assessorato alle politiche del lavoro e formazione professionale e dal dipartimento lavoro e welfare della Regione Calabria. «Un lavoro di ricognizione, una “radiografia” sui vari bacini di precariato, di fondamentale importanza per l'individuazione delle necessarie soluzioni che il Governo regionale dovrà avviare in linea con alcune attività già poste in essere negli ultimi tempi e che verrà illustrato, insieme al presidente Roberto Occhiuto, a breve al “Tavolo regionale per i servizi e le politiche del lavoro”», si legge in una nota della Regione Calabria.

«Dal dossier emerge uno spaccato reale preoccupante, con scelte del passato che hanno determinato condizioni lavorative di incertezza – prosegue la nota -, con il ricorso costante a contratti atipici ed un utilizzo, a volte, improprio della formula del “tirocinio” che hanno gravato sulla Pubblica Amministrazione calabrese, pensando di risolvere il problema della disoccupazione con la creazione di bacini di precariato distribuiti negli enti pubblici calabresi. Ciò ha comportato aspettativa nei soggetti interessati, che si sono ritrovati a fare una "vita da precario", e l'utilizzo in modo errato di una montagna di risorse economiche senza la soluzione del problema».

«Ad oggi la Regione utilizza circa 52 milioni di euro di risorse storicizzate nel proprio bilancio e quasi 300 milioni di euro sono stati utilizzate negli anni per il sostegno delle misure di precariato nella Pa senza però concretizzare lavoro stabile e dignitoso – si legge ancora nella nota -. Un lavoro importante quello del “dossier sul precariato” promosso dall'assessore Giovanni Calabrese ed elaborato dal dipartimento lavoro e welfare con il direttore generale Roberto Cosentino ed il responsabile del settore precariato Pasquale Capicotto».

L'assessore Calabrese ha ribadito «la ferma volontà del governo regionale di svuotare tutti i bacini di precariato in essere e di avviare politiche attive diverse per creare lavoro vero, senza ricorrere a costosi espedienti che non solo non hanno spesso risolto il problema ma hanno privato di dignità lavorativa tante persone trasformati in ostaggi da una speranza di assunzione che per alcuni è arrivata anche fuori tempo massimo».