Il presidente dell’Autorità di sistema portuale non ha dubbi: «Da qui la Calabria può coltivare una autentica idea di rinascita economica e non solo» (ASCOLTA L'AUDIO)
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«…Ma quale ponte!». Al telefono ci scherza su, l’ammiraglio Andrea Agostinelli, tra un incontro e l’altro nella sede ministero diretto da Matteo Salvini. Il ponte che il presidente dell’Autorità di sistema portuale nega non è quello sullo Stretto, semmai quello che avrebbe potuto tenerlo lontano da Gioia Tauro, per la Festa del Lavoro, su cui, comunque, vuol dire la sua: «In questi giorni sono a Roma, entro ed esco dalla Direzione generale dei Porti, per una serie di confronti che servono anche per affermare una volta di più che il lavoro buono scaccia il lavoro cattivo e noi di lavoro buono ne stiamo creando parecchio in Calabria».
Non sembra un inciso inutile, questo, a una settimana dall’aggressione fisica che l’uomo dello Stato ha patito quando si trovava su un traghetto tra la Calabria e la Sicilia. «Gli incidenti si aprono e si chiudono, ma io non voglio commentarli nemmeno con una parola e neanche oggi», ripete contando sulla stabilità della linea telefonica e sulla fermezza da cui ha scelto di non indietreggiare rispetto alla linea del riserbo che si è imposto, dopo aver denunciato con nome e cognome l’aggressore, un imprenditore che ha interessi nell’area portuale. «Per me è normale continuare a lavorare», aggiunge disseminando la conversazione di quest’altro non detto, questa volta sullo stato d’animo rinvigorito dalla tanta solidarietà – e dal sostegno degli organi dello Stato - che ha ricevuto.
«Qui sto avendo una serie di incontri che mi premono particolarmente – illustra e anticipa - il 9 maggio sarò a Monaco di Baviera alla più grande fiera europea della logistica e, inoltre, sto perfezionando un appuntamento per parlare con gli alti vertici di Msc, la compagnia di navigazione che a Gioia Tauro ha in gestione il primo terminal container italiano».
E torma quindi come un chiodo fisso quel «lavoro buono», che anche il Consiglio di Stato gli ha riconosciuto - nel contenzioso giudiziario che l’ha reso bersaglio fisico a margine di una pratica amministrativa maldigerita - «perché veramente penso che la Calabria possa collegare il porto ad una idea di rinascita economica e non solo».
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In che senso?
Perché è un porto giovane, moderno, completamente infrastrutturato che non subisce le difficoltà operative degli altri porti storici italiani, e quindi rappresenta senz’altro il principale volano di una intera economia regionale e del Mezzogiorno.
Il sistema portuale calabrese che lei dirige non è solo Gioia Tauro, però.
È in corso di perfezionamento un Piano strategico di sistema, per attribuire a ciascun porto una funzione definitiva. Già alcune cose sono consolidate, però. Per esempio per Vibo Valentia ieri abbiamo firmato una importante concessione demaniale per un porto turistico all’interno di quello specchio d’acqua. Qui abbiamo già diverse funzioni storiche e in fieri, quella commerciale e quella crocieristica che vogliamo promuovere, ed entrambe possono convivere. Per quanto riguarda Crotone registriamo da tempo una stasi dei traffici, ma abbiamo dato corso ad una decisa riqualificazione del porto commerciale devolvendolo per la crocieristica e lo sviluppo degli sport velici. Per quanto riguarda Corigliano io credo che gli potremmo affidare una futura funzione industriale e manifatturiera, per costruire e assemblare in quell’area le componenti delle pale eoliche dei futuri parchi off shore, calabresi e non.
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A meno di 2 anni dal varo del nuovo ente, è completato l’organigramma?
No. Abbiamo approvato, col via libera del ministero, una previsione di pianta organica con 80 unità, ma in questo momento l’organico si compone di 31 unità. Quindi c’è ancora molto da fare, ma noi abbiamo bandito 11 concorsi pubblici, che credo si perfezioneranno da qui alla fine dell’estate. E sarà un passo decisivo per la migliore funzionalità degli uffici.
La “squadra Gioia Tauro” che lei ha messo su in questi anni, con le istituzioni, l’imprenditoria e i sindacati, sta giocando compatta?
Io non ho messo su nessuna squadra. Diciamo che il lavoro che è stato fatto, ha fatto in modo che molti si siano riavvicinati alle questioni del porto: questo è un grande risultato, per una struttura che prima licenziava anziché assumere. Credo che tutto ora possa funzionare bene. L’Autorità non può finanziare da sola tutte le progettazioni che abbiamo messo in campo nei vari porti, però, e quindi credo che ora sia nevralgica la fase del finanziamento statale, ma anche regionale, per realizzare gli obiettivi di quella che lei definisce squadra.
La Calabria ha da temere qualcosa visto il primato che Gioia Tauro ha riassunto nella portualità nazionale?
È una bella domanda questa (ride). Io credo che non debba temere nulla nei prossimi anni. Il porto, così come è, può affrontare una sfida che lo vedrà primeggiare nel campo del trasbordo dei container in Italia e nel Mediterraneo. Avremo un importante incremento anche nei traffici di veicoli grazie al terminal automotive. Credo che, date le condizioni odierne, fino al 2030 possiamo mantenere questo primato. Poi, è chiaro che bisogna trovare nuovi finanziamenti per altre opere strategiche, che facciano mantenere al porto la leadership anche dopo il 2030. E io anche per questo sono a Roma.