Per la commissione ministeriale «servono integrazioni sul fabbisogno idrico e sull’impatto dei lavori sui corsi d’acqua esistenti». Sono tra le prescrizioni a cui la società dovrà trovare una soluzione prima del passaggio al progetto esecutivo
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Falde in profondità e fiumare superficiali, e ancora approvvigionamento, consumo e riutilizzo della montagna d’acqua (potabile e no) che servirà ad alimentare il gigantesco “cantiere” che sorgerà tra Piale e Cannitello e che verrà utilizzata per la realizzazione del ponte e delle tante opere ad esso collegate.
Le criticità e i problemi che i lavori per il collegamento stabile tra Calabria e Sicilia potrebbero provocare all’ambiente idrico sono tra quelle che più hanno preoccupato istituzioni e cittadini. E proprio le insufficienti risposte a queste criticità, sollecitate dalla commissione del Mase alla Stretto di Messina, tornano tra le nuove prescrizioni che la nuova commissione ministeriale (entrata in esercizio dal giugno scorso) ha depositato nei giorni scorsi. Prescrizioni a cui la società, per avere il via libera, deve trovare una soluzione prima del passaggio al progetto esecutivo del ponte.
Dopo un’estate che ha segnato, su entrambe le sponde dello Stretto, picchi di siccità drammatici, con ripercussioni pesanti non solo sulla normale quotidianità dei cittadini ma anche sul comparto agricolo e nel settore legato al turismo, una delle maggiori preoccupazioni riguarda l’approvvigionamento idrico, argomento che secondo i tecnici della commissione che hanno analizzato le “integrazioni” della Sdm, la stessa società non ha approfondito a dovere.
Le prescrizioni
«Il proponente – si legge nelle oltre 600 pagine di documento pubblicato nei giorni scorsi al Mase – deve presentare uno studio in cui siano definiti in dettaglio i fabbisogni idrici necessari per le attività previste nelle attività di cantiere, da utilizzare per le lavorazioni e a scopo potabile nell’ambito di tutti gli interventi progettuali». Stabilita la quantità d’acqua che servirà per i lavori di costruzione, i tecnici della Stretto di Messina dovranno poi specificare nel dettaglio «le fonti di approvvigionamento, anche non convenzionali», che si intenderà utilizzare. E toccherà sempre alla società riesumata da Salvini e guidata da Ciucci trovare le soluzioni che «dovranno tenere conto delle esigenze idriche (civili, agricole, industriali) dei diversi ambiti territorialmente interessati e che non dovranno essere in conflitto con gli usi attuali e futuri delle risorse idriche per il soddisfacimento delle aree interessate dalle opere in progetto».
Sempre rispetto ai problemi legati all’aspetto idrico, la commissione del Mase ha sottolineato come la Sdm deve «aggiornare il censimento dei punti idrici in atto utilizzati per l’approvvigionamento in campo potabile, irriguo e industriale, nell’intera area interessata dalle opere in progetto e per un area a questa esterna che risulti influenzata dalle attività di realizzazione delle opere stesse». Uno studio importante che non è stato realizzato e che dovrà verificare, rispetto alle acque destinate al consumo umano, «il rispetto delle aree di salvaguardia».
I problemi evidenziati dalla commissione del Mase riguardano poi anche le acque superficiali che, in una terra che fa del dissesto idrogeologico uno dei suoi biglietti da visita, potrebbero essere influenzate dai lavori per la costruzione del ponte: «relativamente agli interventi compensativi per la sistemazione di alcuni corsi d’acqua – si legge nel documento – il proponente deve produrre uno studio aggiornato sui possibili impatti di tipo idraulico, sul trasporto solido e sulla dinamica costiera che tali interventi potrebbero determinare».