L’appello al trasversalismo politico fatto dalla ministra Carfagna, e la concordia sancita nel convegno di Villa San Giovanni per il varo dell’intergruppo parlamentare, stridono con la realtà secondo il docente Ercole Incalza.

Il governo non ha voluto inserire la costruzione del ponte sullo Stretto nel Recovery plan, e uno dei relatori della riunione voluta da alcune forze politiche che sostengono il governo – Forza Italia e Italia Viva – parte dai ricordi.

«A luglio – afferma – Franceschi prima e Renzi dopo dissero che non può esistere alta velocità ferroviaria senza attraverso stabile dello Stretto, contraddetti dal viceministro Cancelleri che invece rispolverò una ipotesi progettuale ampiamente bocciata ovvero quella del tunnel».

Governo impigliato nelle frizioni delle diverse identità politiche, secondo il docente. «Siamo come in un gioco dell’oca tragico – prosegue – una sorta di paradosso che mentre in Calabria vede già iniziati i lavori per l’opera, penso alla variante ferroviaria di Cannitello, costringe l’Italia a un dibattito di retroguardia rispetto all’Unione Europea che abbondantemente ha detto che il Ponte serve e si può fare».

Incalza trancia anche la motivazione dei tempi lunghi. «È un alibi caduto quello della esecuzione che bisognava ottenere entro il 2028 – commenta – visto che sul modello francese l’Italia ha inserito nel Piano l’Alta velocità da completare con fondi aggiuntivi e dopo le scadenze fissate. Tale escamotage invece non è stato seguito per il Ponte, di cui pure abbiamo progetti che sono andati oltre lo studio di fattibilità che esclusivamente è bastato per chiedere il finanziamenti per i treni».

Rimane il rischio che il dibattito riavviato sposti l’attenzione dagli altri interventi che servono per le altre reti trasportistiche: «Penso al versante jonico calabrese con una ferrovia antiquata e la 106 sempre di più strada della morte». Incalza nutre ancora una speranza. «I funzionari dell’Ue stanno indagando per capire perché l’Italia non ha puntato sul Ponte – conclude – io mi fido ancora di Draghi».